“AH VALZERA VALZERE!”
di Riccardo D'Auro



La conformazione rupestre dei due lati del ciglione delle Valzere rivolti, rispettivamente, a Nord-Ovest e a Sud-Ovest, nell’antichità costituiva con le Rupi il sistema protettivo naturale del piccolo nucleo originario dell’abitato di Borrello. E’ sito in prossimità del paese dal quale, con un leggero declivio, si raggiunge la sua sommità consistente in un grande pianoro delimitato dal burrone. Il più corto dei lati suddetti inizia dalla “Porta da capo” e, dopo un breve tratto, comincia a piegare lievemente fino ad assumere un’angolazione più accentuata che dà luogo al lato più lungo, che man mano risale confondendosi con l’altopiano su cui si sviluppa tutto l’abitato. Verso il centro di questo fronte, in alto, giganteggia la “Porta dei Saraceni”. Un’ampia fenditura nella roccia sormontata da un architrave costituito da due grossi massi che si reggono per mutuo contrasto: una vera e propria porta naturale, quindi, al disotto della quale si accede ad un ampio terrazzo.
Il nome Valzere probabilmente deriva dalla deformazione dialettale di balze (balzere); quello della Porta dovrebbe riferirsi al leggendario sbarramento una volta opposto ai pirati, che spesso risalivano la valle per saccheggiare le comunità dominanti. A parere del sottoscritto, più che a sbarrare la via di accesso al paese, chiuse loro quella di uscita. Cioè, quei masnadieri, a notte fatta, carichi del bottino e ebbri del buon vino ingurgitato, inseguiti dalla popolazione, sbagliarono la strada del ritorno e vennero lì accoppati.
Restando nel tema, le Valzere, all’inizio delle terribili giornate della distruzione del paese, avrebbero dovuto avere un ruolo importante nel colpo di mano che alcuni giovani borrellani avevano progettato di mettere in atto contro i guastatori. Subito dopo l’annientamento della forza presente erano previste la distruzione del ponte della Fonte dei Lamenti, in cui erano già state collocate le mine, e la difesa delle altre strade di accesso. Il ciglione avrebbe assolto a gran parte del sistema difensivo.
Nel mio libro sulla distruzione di Borrello ho parlato di questa intenzione di ribellione che fu proposta ad alcuni anziani, i quali la sconsigliarono per il timore di un eccidio che avrebbe aggravato lo scempio in atto.

La roccia del ciglione, al disotto del quale scorrono le strade mulattiera e provinciale, non è compatta, per cui, specie d’inverno, si verificavano frequenti casi di sfaldamento. Il rotolamento dei massi sulla rotabile, prima che fossero stati eseguiti lavori mirati di ancoraggio e di consolidamento, costituiva un grave pericolo per le persone e i mezzi in transito.
Purtroppo da qualche anno il fenomeno ha interessato anche la Porta, con il distacco di un blocco di roccia dalla parete di sinistra del passaggio ostruendolo. Da tempo era stata segnalata l’urgenza di mettere in sicurezza, sulla parete opposta, la mensola naturale su cui appoggia uno dei due massi che formano il celebre architrave della porta. In attesa dell’esecuzione di un intervento risolutivo, si rende necessario, almeno, evitare le infiltrazioni dell’acqua che nella cattiva stagione danno luogo al dannoso fenomeno del gelo. Il crollo della struttura, oltre al grave pericolo per le persone e le cose, causerebbe un danno ambientale di portata eccezionale.

La Porta dei Saraceni è uno dei posti più rappresentativi del patrimonio naturale di Borrello, che i paesi vicini ci invidiano. E’ il luogo prossimo al paese da dove si gode il panorama meraviglioso della valle e dei monti circostanti, meta delle passeggiate estive per ammirare il suggestivo tramonto. D’inverno è gradevole prendere il sole chiacchierando tra gli anfratti rocciosi. Noi ragazzi vi compivamo interminabili escursioni, anche archeologiche, calandoci nella grotta profonda che si diceva arrivasse in prossimità della strada sottostante. Le ragazze vi coglievano a primavera fiori bellissimi sulle macere, in particolare, le scarpetelle de la Madonna, una specie di piccole orchidee.
In una parola la località e il suo celebre simbolo costituiscono una ricchezza naturale di cui godono i residenti e che affascina i visitatori forestieri.

Il famoso massiccio, uno dei posti più importanti del paese, è il riferimento di molti borrellani che vivono lontano, i quali, quando si mettono in viaggio, spinti dalla foga del ritorno, immancabilmente sospirano: “e mò arreveme sotte a le Valzere”.

Ma si racconta anche di imprecazioni contro la cattiva sorte espresse al suo cospetto dai viandanti in particolari circostanze. Da qualcuno costretto a ritornare per una sventura familiare che giammai avrebbe creduto potesse accadere; da qualcun’altro delle numerose schiere di emigranti che per il bisogno lasciarono il luogo di origine; e da qualche altro ancora che aveva subito una profonda delusione. Ebbene, si vuole che molti di costoro, giunti sotto al massiccio, per il forte dolore avessero invocato la morte sospirando profondamente: “Ah Valzera Valzere pecché ne me caschete nguolle!”.
Le donne facevano spesso uso di questo detto, ma in forma benevola, limitato alle prime tre parole, per mettere in risalto un’azione poco opportuna commessa dall’interlocutore.

E’ evidente che questo scritto mi è stato dettato dal timore che la Porta dei Saraceni possa andare perduta, per cui mi auguro che il problema segnalato venga in breve tempo risolto.

Con l’occasione auguro all’autore di borrellosite e a quelli che lo frequentano un felice Anno Nuovo.


Dicembre 2011


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