Task force (Sette “saggi” per sopravvivere) un racconto di Cesare Palmieri (tratto dalla raccolta "Racconti Sangritani")
Borrello - Casa del popolo - 10 Agosto 2030.
Una commissione di “saggi” è in riunione, da qualche ora, nella sala conferenze.
Oggetto all’ordine del giorno: discussione sulla situazione d’emergenza creatasi dopo gli ultimi avvenimenti catastrofici, per l’economia e la sopravvivenza della piccola comunità. Analisi e proposte di soluzioni. Varie ed eventuali.
Tutto il Paese è in ginocchio per la mancata ripresa economica. L’invasione delle merci cinesi, (forniscono ormai anche i peperoncini ed il prezzemolo, perché loro riescono a produrli a bassissimo costo) ha provocato il collasso totale della nostra industria e dell’agricoltura; ma a Borrello la situazione è di gran lunga peggiore della media nazionale. Le due colonne portanti della sua economia, la Sevel e la Casa di Riposo, si sono sciolte come neve al sole.
La prima, in seguito alla decisione di delocalizzare, in Sri-Lanka, l’intero comparto veicoli commerciali di Atessa. Decisione presa, nella sua lussuosa sede di Londra ed in perfetta solitudine, dall’ex Ad Marchionne, diventato ora il padrone assoluto della F C A in virtù delle generose Stock-options . Non ha neanche consultato gli Agnelli, ridotti ormai in minoranza (ed ora quasi in miseria) in seguito ad una disastrosa Opa di quest’ultimi, per riconquistare il controllo dell’Azienda. La decisione di Marchionne non è nemmeno originale, perché ormai è una prassi praticata da tutti gli industriali furbetti, che trovano conveniente portare la produzione dai Paesi declinanti a quelli emergenti, dove si trova la manodopera a costo zero e gli operai lavorano durante la notte ed in tutte le feste comandate.
La seconda, per la fuga in massa dei vecchi verso l’aldilà. L’ospizio, un tempo fiore all’occhiello della vallata, ridotto ora a tre ospiti, con un personale di cinque addetti, ha portato i registri in Tribunale e chi s’è visto s’è visto
Si aggiunga che a causa della denatalità e dei trapassi, nonché dell’abbandono del paese da parte delle persone valide, andate a lavorare nel sud-est asiatico, i pochi rimasti rappresentano “una specie a rischio d’estinzione” (stime dell’ Istituto Nazionale Demografico, poi suffragate anche dal WWF).
Quando la situazione è disperata ci si attacca a tutto: dalla levata del malocchio, al pellegrinaggio, al consulto dei veggenti, al voto di astinenza (bella fatica a quell’età!); insomma a tutte quelle pratiche irrazionali che nella normalità sono ritenute roba da medioevo. Così l’Associazione Culturale “La Fonte”, preoccupata per la situazione e fidando nell’equazione “vecchiezza = saggezza” ha convocato i vecchi rimasti ancora in vita invitandoli a mettere la loro esperienza al servizio del paese e suggerire qualcosa che potesse raddrizzare la situazione. Ipotesi certamente ottimistica, perché vecchiezza con saggezza fa rima, ma non sempre collima.
Dunque, i vecchi della istituita task force, per l’occasione chiamati saggi, sono sette, (il numero sette è puramente casuale e non si riferisce ai sette Savi) più un supplente più giovane, nell’eventualità, non tanto azzardata, che qualche titolare venga a mancare durante la seduta. Il saggio supplente svolge anche le funzioni di segretario e di moderatore.
Titolari presenti:
Cesare Palmieri, anni 98.
Da uno scritto commemorativo delle sue figlie, in occasione del suo ottantesimo compleanno “ …nacque nel 1932 d.C. in un piccolo borgo arroccato ai piedi della Maiella, da donna Desdemona, proprietaria terriera di origini salentine e da don Peppe, proprietario di bottega e precursore di Ikea, in quanto vendeva indifferentemente ombrelli, lana, mortadella, caramelle, frigoriferi, lavatrici, pasta, conserva ecc. Conclusi gli studi classici si trasferì in Padania, in cerca di lavoro e qui il destino gli muggì perché entrò a far parte dell’industria leader nella produzione di carne di manzo in scatola. Lì conobbe la sua attuale moglie ed ebbe due figlie femmine, spezzando definitivamente quel ramo dei Palmieri. Con la fortuna della sordità, aveva salvato più volte il matrimonio, perché aveva sempre ignorato la logorrea travolgente di sua moglie. Trasferitosi a Trento, frequentò non solo cortei di rivoltosi, fattoni e contestatori, ma anche la facoltà di Sociologia laureandosi con una tesi sulla condizione degli anziani, perché voleva conoscere l’effetto che gli avrebbe fatto a rileggere, dopo anni, un argomento riguardante la vita dei suoi coetanei. Lì perfezionò lo sci e si dilettò in lunghe camminate sulle Dolomiti.
Decise di tornare alle radici e si trasferì, con l’intera famiglia, in Abruzzo; per fortuna al mare, che amò più della montagna. Il suo hobby divenne la navigazione e fece ardite traversate, oltre lo scoglio, dalla costa sud alla costa nord di Pescara, a bordo di battelli dai nomi leggendari e pirateschi quali Jonathan, Free-Willy, Drake, su barche a vela e canoe. Attualmente si sta allenando per camminare direttamente sulle acque. Divoratore di libri, si dilettò a scrivere racconti (che nessuno legge), spaziando dal genere fantasy a quello realistico, sfiorando il genere porco senza mai scendere nello scurrile, grazie ad allusioni non esplicite e ad un linguaggio quasi onomatopeico.
Praticò l’arte della scultura e divenne autore di numerose opere di ispirazione maya e azteca. Chef specializzato in piatti di pesce (da piccolo diceva sempre “voglio fare il cuoco!”), nonché appassionato di giochi multimediali, perché insuperabile esperto d’informatica! ……Nella sua vita ha cambiato molte case e molte idee: ma una cosa non ha cambiato mai:
LA MACCHINA!
“Papà, siamo stanche di vedere sempre quella Ford rossa! Coraggio, potresti magari rubarne una, tanto, alla tua età, non ti possono più mettere al gabbio!”
Franco Tiberio: anni 97.
Attualmente in paese per trascorrervi le ferie; ma, in realtà, per pulire la sua casa dall’accumulo di polvere, arieggiarla, far riparare il tetto, la grondaia, levare schieppe al portone per farlo aprire e chiudere, far riparare il rubinetto che cola, pagare le bollette della luce, dell’acqua, gas, dei lumini del cimitero, IRPEF, IMU, TARSU, TASI, TISI ecc. sperando di fare tutto in tempo prima della fine della “vacanza” (ferie consigliate alle signore che vogliono dimagrire, come alternativa alla palestra). Emigrato dal paese verso l’Argentina, in età giovanissima, si era presto stufato di annaffiare alberi, come se fossero piante di prezzemolo; di mangiare cabezas de leccion e venir chiamato Gringo da quei selvaggi delle Pampas, che, in fatto di accoglienza agli immigrati, avevano preceduto i celti della Lega Lombarda. Sicché, appena messi da parte i soldi per il viaggio di ritorno, era corso al porto e si era imbarcato sulla prima nave che salpasse per l’Europa. Fanculo l’America e chi l’ha scoperta! Quella nave era un cargo diretto sì in Europa, ma prima aveva fatto un giro per tutte le coste dell’Africa, per caricare e scaricare legna, granaglie, agli e tutto ciò che l’armatore ordinava, servendosi di cablogrammi durante la navigazione. Aveva conosciuto quasi tutte le città portuali dell’Africa, e dopo tre mesi di navigazione era approdato finalmente a Napoli. Una volta in patria si era impiegato all’INGIC, trascorrendo buona parte della vita a rincorrere commercianti brianzoli, riluttanti a pagare il dazio e facoltosi eredi che volevano evadere l’Imposta di Registro. Collezionista di auto Lancia, nonché di case in luoghi ameni sul lago di Garda, dove, da perfetto anfitrione ospita volentieri i suoi numerosi amici. Ora trascorre piacevolmente il tempo fra caijavoni da bar e deliziose bevute di Lugana, facendo proprio l’adagio lombardo “quand i cavei ciapan el grisin, lassa la dona e tàccat al vin”.
Raffaello D’Auro: anni 96.
Medico chirurgo ed Ufficiale Sanitario, aveva svolto la sua professione come medico di base in vari paesi della valle. Apprezzato, sia per le sue competenze che per il suo carattere aperto e sempre disponibile con tutti, era considerato un amico e molti ne approfittavano per farlo alzare la notte per motivi anche irrilevanti che avrebbero potuto esternare di giorno.
Per hobby aveva praticato la pittura ed aveva illustrato le pagine di alcune pubblicazioni che riguardavano il paese. I suoi disegni, all’apparenza naif erano invece molto accurati nei particolari, nuovi nella prospettiva e ricchi di colore. Sempre fuori da Borrello per motivi professionali, aveva realizzato il sogno di farsi una bella casa sulla collina, che ora abita da solo. Aveva avuto l’idea di circondare la casa con un ampio prato, ed ora trascorre il suo tempo, in una lotta impari, a tagliare l’erba che cresce ad una velocità sorprendente: a tal punto che non può assentarsi nemmeno qualche giorno per andare a trovare le sue dilette figlie, perché correrebbe il rischio di non poter aprire il cancello di casa, al suo rientro.
Eugenio Maranzano: anni 105.
Il decano del gruppo. Studi classici e vita romana presso la Confederazione del Commercio e del Turismo. Con l’avvento dell’IVA aveva collaborato con la RAI in trasmissioni riguardanti la nuova imposta; infine, per essere sicuro che i commercianti avessero capito bene che dovevano pagare quell’Imposta, aveva girato la penisola a tenere lezioni, presso le sedi periferiche, per insegnare ai commercianti tutta la filosofia che sta alla base dell’Iva e, di conseguenza, come si fa a pagarla. Ma quei malandrini, alla fine della conferenza gli chiedevano come si fa per non pagarla; sicché si era stufato ed aveva piantato tutto, ritirandosi in pensione. Aveva potuto finalmente dedicarsi completamente, e con notevole successo, al suo hobby preferito: la scrittura (poesia e prosa).
Già da giovane si era fatto notare come paroliere di canzoni dialettali, destinate alle maggiolate e settembrate. Autore di poesie in vernacolo, nonché di racconti di verismo locale, aveva chiuso la sua produzione letteraria con un libro ponderoso ed interessante: Borrello tra i vicini comuni della Val di Sangro. Ideatore del Museo civico “Memorie della vita contadina”, aveva dedicato molta parte della vita a raccogliere stuocchi, perticare, frosciali, crivelle, torchi, tiniecce, e mille altri oggetti di vita agricola, ora esposti in due ambienti del palazzo baronale. Sempre molto vivace, da ragazzo si era procurato il primo pennello da barba, tagliando direttamente la coda al porco di zì Nicola. Da giovane, oltre a fare il sindaco, aveva la fissa di fare l’Amore ‘nghe la neve ed ora sconta quelle dissolutezze giovanili con dolori reumatici, che gli hanno fatto venire il chiodo gobbo.
Gaetano (Nino) D’Auro: anni 98.
Ex dirigente della Ragioneria presso la Prefettura di Modena. Oltre alle mansioni normali, il Prefetto, che si fidava di lui e della sua onestà, lo nominava spesso Commissario Straordinario presso i Comuni del modenese con i bilanci in dissesto (còmpito che assolveva in maniera ineccepibile); ma dopo la sua partenza gli amministratori, una volta reinsediatisi, riprendevano tranquillamente a spendere e rubare, per cui la sua fatica superava quella di Sisifo. Stufo di quell’andazzo, aveva mandato tutti al diavolo ed anch’egli si era ritirato in pensione. Nonostante l’impegno lavorativo, durante la vita aveva assiduamente ricercato e catalogato tutti i termini del dialetto borrellano, proverbi, aforismi, storie ed, alla fine, aveva pubblicato un pregevole dizionario, Raccolta di voci del dialetto di Borrello, destinato ad avere, nel tempo, più importanza della Stele di Rosetta.
Da piccolo, durante l’estate, insieme al sopracitato Cesare, soleva trascorrere un mese di ramadan (nel vero senso della parola) presso la colonia marina di Ortona, da dove rientravano neri per la fame e per il sole.
Fra i Borrellani è il più tenacemente attaccato al paese natio, forse perché era stato costretto a studiare in collegio e, da quel luogo di prigione, aveva pensato continuamente alla libertà, ai giochi, agli amici che aveva lasciato in paese. Una vera sindrome da “borrellite acuta”, come gli diceva Cesare, il quale non escludeva, (maliziosamente) che in quell’amore viscerale per il paese, una parte non trascurabile l’avesse avuta il barbecue del compianto amico Mario Della Cioppa.
Riccardo D’Auro: anni 102.
Da ragazzo, durante le vacanze estive, era impegnato a terrorizzare i pedoni e sbalecchiare le galline a bordo della sua biga, trainata dal focoso cavallo Barone, lanciato a galoppo sfrenato per le vie del paese. Geometra e di famiglia di appaltatori, aveva costruito strade nella foresta congolese. Rientrato in patria, si era occupato negli uffici del Genio Civile; ma la sua vera vocazione era quella dell’inviato di guerra e poiché la guerra era finita, aveva ripiegato sul genere storico-bellico ed aveva pubblicato molti libri sul tema, narrando, con dovizia di particolari, fughe alla macchia, distruzioni e ricostruzioni dei paesi della valle, emigrazioni di lavoratori e ritorni di rondini.
Vero esperto della linea Gustav, conosceva tutte le battaglie, le scorrerie e le distruzioni da parte delle SS, molto più che i protagonisti stessi. I suoi lavori, tradotti in Spagnolo e raccolti sotto il titolo Destruccion avevano riscosso successi in tutta l’America latina. Ma il vero boom era arrivato dopo la traduzione della sua opera in lingua tedesca. Appena la diffusione del suo libro era arrivata nelle valli del Sud Tirolo ed in Austria (luoghi privilegiati per il reclutamento delle SS), si era verificato un fenomeno imprevedibile: quei vecchi figli di puttana, dalla mente devastata dall’Alzheimer, attraverso quelle letture avevano ritrovato una parvenza della loro identità ed erano scesi in massa a Borrello, in cerca di Riccardo.
- Bitte, Herr Richard, - lo supplicavano a turno - dimmi! Ke kazz so fatt quand’ero qui? -
- Hai dato fuoco al pagliaio di Kulmitt -
- così poko? - incalzava, disperato, il vecchio gaglioffo. Allora, capìta l’antifona, Riccardo rincarava la dose: - però con dieci persone dentro!-
- Oh, oh, Ich bin grande gverriero! Danke, Danke, Herr Richard! E gli buttava le braccia al collo, preso da un’euforia incontenibile. - Ed io? - sollecitava un altro - Tu, oltre a fare strage di maiali, hai fatto il maialone con le donne ed hai impiccato venti persone agli alberi della Karen-platz! - Oh, oh, du mi dai grosse cioia, herr Richard! - e si picchiava il petto come un gorilla, entusiasta per aver ritrovata la personalità di un tempo. Anche Riccardo, a furia di frequentarli, aveva cominciato a trattare quei vecchi rimbecilliti con crescente simpatia, (sindrome di Stoccolma?) tanto che quelli, una volta rientrati in patria, avevano pensato bene di manifestargli in modo tangibile la propria gratitudine, inviandogli barili di crauti, casse di wurstel e di speck. Inizialmente la cosa era stata accolta con gradimento; ma, in seguito, era sorto un problema serio, specialmente per colpa di quei barili di crauti che, col passare del tempo avevano raggiunto il massimo grado di fermentazione, ed ora cominciavano ad esplodere, spandendo per tutta la valle sangrina un fetore indescrivibile. Fu allora che Riccardo fu costretto ad inviare telegrammi perentori:
“ ACHTUNG, ACHTUNG, MO’ AVAST!”
Blando Palmieri: anni 87.
“Saggio” anomalo, per la sua giovane età, ma convocato per meriti sul campo, avendo dimostrato sempre attaccamento ed amore per il paese, cui dedicava belle poesie in vernacolo. Laureatosi in pedagogia, si era dedicato completamente alla politica, frequentando la sede del potere di via del Corso e districandosi abilmente tra Spini e Spinelli fino a che il Grande Capo non li aveva lasciati orfani. Contrariamente ad una prassi che voleva i borrellani emigrare in America in cerca di lavoro, fu il primo che vi andò per cercarsi una moglie. Uomo di grandi risorse e di molteplici interessi, aveva presieduto l’Associazione Artigiani, era stato Segretario generale dell’accademia di Avignone, nonché socio del Circolo F.lli Rosselli, ora organizza eventi e convegni.
Da giovane, durante le sue vacanze borrellane soleva portare serenate sotto le finestre delle signore e le faceva innamorare di sé, cantando loro “Marinella”, suo cavallo di battaglia, o ”Cuando calienta el sol”, accompagnandosi con la sua inseparabile chitarra. Attore consumato, recitava brani delle opere di Donato Di Luca, o presentava i lavori letterari dei Nuovi Scrittori Locali.
Ora lo si incontra raramente, sempre con un guinzaglio in mano (diventato una protesi del suo braccio), alla cui estremità è attaccato un barboncino bianco, a grandezza variabile, sempre lo stesso da cinquant’anni, che ha messo in subbuglio tutto il mondo scientifico, costringendolo a rivedere i suoi postulati circa l’aspettativa di vita dei cani.
Giovane saggio supplente:
Donato Di Luca: anni 85.
Laureatosi in lettere moderne presso la D’Annunzio di Chieti, aveva iniziato presto ad insegnare, prima in Abruzzo e poi in Lombardia. Lì aveva faticato non poco per acculturare quei recalcitranti ignorantoni del comasco, che si presentavano in classe con elmi celtici, ornati di corna di vacca. Alla prima occasione si era trasferito a Rimini, dove finalmente aveva trovato un ambiente allegro e godereccio, fatto di gente simpatica, sempre alle prese con abbuffate di pesce, di tagliatelle, turtlen e persutt ad’Parma, il tutto innaffiato dal Sangiovese.
Considerata la sua formazione professionale, era naturale che scrivesse e, da fine dicitore, l’aveva fatto in forma poetica e in rigoroso dialetto borrellano. Prediligendo argomenti di carattere sacro, aveva scritto, in bellissimi versi, il Planctus Mariae, L’Angele e la quatrare. Seme pecre sperdute ecc. in seguito accorpati e pubblicati sotto il titolo “Ched’è ne fije”.
Regista egli stesso delle sue opere, che faceva recitare in anteprima nel teatro-arena della Chies’abballe, aveva avuto qualche problema per colpa di quelli di Montelapiano. Durante la recita del Planctus Mariae, che la sua attrice preferita, Miss Mary Lyne, stava recitando con impareggiabile bravura ed immedesimazione; quei portoghesi, che dal belvedere si godevano a sbafo, se non la rappresentazione visiva, sicuramente l’audio trasportato da folate di vento, nel sentire le grida “Patreterne, patreterne feroce” si erano subito allarmati. In passato avevano sempre fatto grande confusione tra Gesù e Peppino Calvitti e, di conseguenza, ora temevano che quei giudei di Borrello, dopo aver ammazzato il Figlio, ci avrebbero riprovato anche col Padre. Seduta stante avevano deciso di allertare i carabinieri di Atessa sul pericolo di un imminente deicidio e quelli, che ignoravano l’esatto significato del termine, ma sapevano, a spanne, che le parole terminanti in “cidio” significavano accidaije, cioè uccisione, avevano inviato sul posto un paio di camionette. Non si sa mai, con quei giudei la prudenza non è mai troppa!
Per la verità, un po’ il professore se l’era cercata. Dopo la pubblicazione di “Ched’è ne fije,” una critica se l’era presa anche da qualche integralista locale, perché egli, avendo ignorato volutamente tutta la mariologia, che durante i secoli aveva fatto della Madonna una diva, aveva osato farla ridiventare donna e madre, riportando l’attenzione sulla sua umanità, espressa così drammaticamente sulla cima del Golgota.
Acqua passata. Buon per lui di non essere vissuto ai tempi di Giordano Bruno!
Ora gira il mondo col Coro Lirico “Amintore Galli” di Rimini, esibendosi dentro smoking favolosi, che indossa con impeccabile eleganza.
***
I convocati sono arrivati alla spicciolata, a seconda della propria capacità di deambulazione. I primi due si stanno già raccontando i loro guai fisici, con grande dovizia di particolari, come la scelta dello specialista, consigliato da un parente, il mezzo di trasporto usato per raggiungerlo, le persone trovate nella sala d’aspetto, la visita, le prescrizioni, la cura seguita scrupolosamente, gli effetti collaterali ed il conseguente insorgere della nuova malattia, che ha dovuto curare presso il prof. che gli aveva consigliato suo genero… ma sei guarito? Macché, sto peggio di prima, questo è niente, sapessi io quanti guai sto passando con questa gamba che mi fa male e non mi fa dormire la notte… Arriva il terzo, ciao, come state e quelli si sentono in dovere di rendere edotto anche il nuovo venuto, ricominciando d’accapo tutto l’iter delle loro malattie, dai primi sintomi, alla visita specialistica alla prescrizione medica, all’inutilità del farmaco, anzi agli effetti collaterali che gli hanno procurato l’insorgere di una nuova malattia, che nessuno ha saputo dire cos’è e da cosa dipende. Il quarto appena entrato viene prontamente edotto dai tre precedenti, ma questo è niente, cosa devo dire io con questa prostata ingrossata e le pastiglie che devo prendere, che mi fanno alzare quattro-cinque volte durante la notte per fare pipì e mi passa il sonno che non mi ritorna più e sto a rigirarmi nel letto sino al mattino e mi viene sonno proprio quando mi devo alzare; poi il quinto, scusate il ritardo, ma con questa pasima che mi toglie il respiro mi tocca fermarmi ogni due passi, mi fa piacere rivedervi, come state e quelli rispondono, illustrando i loro guai in modo scrupoloso, senza omettere alcun particolare; questa volta parlando tutti contemporaneamente, alzando la voce per far prevalere le loro malattie, che sono sempre più importanti di quelle accusate dagli altri che non sanno cosa fare e si lamentano per niente, sempre a lagnarsi quei brontoloni, come se al mondo ci fossero solo loro. Il medico, arrivato sesto, conoscendo bene quei soggetti li spiazza subito tutti: conosco tutte le vostre malattie, vere o presunte, quindi non rompetemi il cazzo! Il settimo, arrivato alle sue spalle, nel sentire quell’intemerata dice subito io sto bene. Poi si ricompattano e parlano male di questi tre giovani rimasti in paese, che non vogliono neanche stare a sentirli parlare. Infatti quando quei maleducati li vedono da lontano, scantonano per non incontrarli, temendo che, se (per educazione) scappasse loro la domanda-trappola “come state” rimangano fregati perché si devono risentire, per l’ennesima volta, tutta la tiritera di lamenti e di racconti che ripartono dai prodromi della malattia, del suo decorso, dei medici consultati ed allora rimangono muti e non osano aprir bocca e non dicono neanche “oh”, per timore che quelli perdano il filo del discorso e ricomincino tutto d’accapo, dimenticando che l’hanno già detto.
E’ giunto, infine, il supplente coordinatore, il più giovane, con un paio d’ore di ritardo, fatto a ragion veduta, perché, conoscendo le manie di quei vecchi saggi di piangersi addosso, con un puntiglioso resoconto di tutte le loro afflizioni, aveva dato loro un margine di tempo per farli sfogare, senza offenderli, ma senza perdere il proprio tempo inutilmente.
- Signori - ha iniziato - sapete tutti il motivo di questa riunione, perché ho provveduto a farVi conosce l’ordine del giorno con largo anticipo. Vi prego perciò di esporre le Vostre opinioni ed i Vostri suggerimenti in maniera chiara e concisa, senza indulgere a scantonamenti sui fatti personali e sul Vostro stato di salute che conosciamo ad abundantiam.
La citazione in latino fa sempre effetto e, nella presente circostanza, ha avuto il pregio di catturare l’attenzione dei presenti.
- A Voi la parola! -
Silenzio assoluto, un attimo di sbandamento, poi partono tutti insieme, con un accavallarsi concitato, dandosi la voce addosso l’un l’altro. Più che un confronto di idee fra saggi somiglia ad un brain-storming all'americana.
Lo dicevo io da tanto tempo che sarebbe finita così con la gente che non vuole più lavorare / ma cosa dici se qui il lavoro non c’è e ci siamo riuniti apposta / qui bisogna tornare alla zappa / bravo con tutta la concorrenza che c’è che ti arriva il grano dall’America a quattro centesimi / che c’entra e se non hai neanche quei quattro centesimi per comprarlo cosa fai / propongo di mettere a disposizione della gente l’attrezzatura del museo e tornare alla perticara / non è possibile perché l’attrezzatura è stata data in affitto ai cent’ottanta eredi degli Agnelli che una volta finita la pacchia dei dividendi a fine anno si sono decisi di darsi alla zappa / poveri illusi si accorgeranno com’è dura la zappa / non divaghiamo non avete capito che qui manca la gente che usi la perticara / allora facciamo venire la gente dall’Africa / mai e poi mai preferisco che il paese scompaia piuttosto che riempirlo di immigrati neri / taci tu razzista che non sai cosa dici anche noi siamo stati emigranti perché secondo te da dove viene tutto il meticciato eritreo, è nato da solo?/ non c’è bisogno di scomodare l’Africa cercate sul sito di Rojo del Sangro poi cliccate su “censimento” e vedrete che da quello sputo di paese sono partiti a migliaia ed hanno invaso tutti gli angoli della terra fate una proporzione e vedrete come la gente si sposta per il mondo / io propongo di far venire un po’ di extracomunitari / magari arrivassero così regaliamo loro tutte queste case chiuse da anni e la manutenzione le tasse e le bollette se le pagano loro e noi facciamo bella figura li freghiamo e passiamo per benefattori / ma non dire buffonate qui bisogna incrementare il turismo e promozionare le cascate del Verde / ma fammi il piacere ci vai tu a farti trecento scalini alti un metro con la popolazione invecchiata che non ce la fa a superare lo scalino per andare al bagno di casa / allora perché non facciamo arrivare da Bariloche un po’ di nazi così portano a termine il lavoro che hanno lasciato incompiuto e si risolve tutto una volta per sempre / taci tu sempre drastico ed ultimativo in tutto quello che dici / l’idea non è male in fin dei conti si potrebbe scrivere una nuova trilogia / ma vaffanculo che la gente non ne può più di sentir parlare di disastri vuole divertirsi andare in discoteca mangiare bere e fare all’amore / ah che vuol dire / ormai non me lo ricordo più non lo facciamo da almeno vent’anni / parla per te / no parlo anche per te che sei stato sempre bugiardo e millantatore in vita tua.
La discussione sta degenerando e comincia a volare qualche dentiera. Bisogna correre subito ai ripari.
- Che ne direste di fare un pharma break? - dice il medico saggio - sono passate tre ore e penso che qualcuno, compreso me, dovrà prendere le medicine. - Bravo, menomale che te ne sei ricordato tu! - rispondono in coro. Vengono portate sul tavolo alcune bottiglie d’acqua minerale, non gassata ed una pila di bicchieri di plastica. I saggi vuotano le tasche e rovesciano sul tavolo scatole di pillole fiale bottigliette col contagocce pasticche di alfuzosina lanzopranzol plaunac cardioaspirina cacit moment grintuss voltaren collirii zimox coramina ecc. Una quantità tale di farmaci che, se fosse stata comparata a quella della farmacia locale, la dott.ssa Cortellessa avrebbe fatto la figura di Cascìtt. I vecchi saggi si buttano freneticamente su quel ben di Dio, anzi doni di Dio, senza di cui chissà da quanto tempo avrebbero tirato le totere! Rinfrancàti da quel nuovo afflusso di energia ora sono pronti a riprendere il discorso. Ma quale discorso? Di cosa stavamo parlando? Il moderatore li riporta alla realtà:
- parlate e parlate ma non avete concluso niente! - I vecchi saggi si sentono punti sul vivo ed ammutoliscono.
- Qui ci può salvare soltanto Adelio!-
In sette si girano contemporaneamente verso colui che ha parlato. Hanno tutti l’aria stupefatta e lo guardano come se fosse un alieno.
”Ma questo si è completamente fumato il cervello!” E si lanciano occhiate d’intesa fra loro e si picchiettano il dito indice sulla tempia, con un’eloquente mimica che la dice lunga sulla valutazione delle sue facoltà mentali.
- Ma che cazzo c’entra Adelio?-
- Adelio non porta il gregge ad abbeverarsi alla fonte del sorbo?-
- Ed allora? -
- Se dicesse che, in una di quelle occasioni, ha visto una Signora, vestita d’azzurro, mentre beveva quell’acqua con le mani a coppa? -
Tutti hanno ora un’espressione che va dallo smarrimento all’incredulità. Nel silenzio che segue non si sente volare una mosca. Poi la tensione si spezza e scroscia un lungo applauso che riempie la sala. Tutti si alzano e vanno a congratularsi col genio.
- Viva la Madonna del Sorbo! - gridano e si abbracciano e si congratulano a vicenda.
Riccardo, afferrata l’idea, si fa portare subito dei grandi fogli di carta su cui traccia, a mano libera, contorni di costruzioni che partono dalla fonte e si diramano tutt’intorno fino alle pratere.
- Propongo che l’erigendo Santuario inglobi la fonte, dove si avvicenderanno i fedeli per le abluzioni (offerta libera). All’esterno un colonnato che regga i portici su cui si affacceranno i negozi di arte sacra, come medagliette, collanine, rosari, statuette e, soprattutto bottigliette a forma di madonna con dentro l’acqua del Sorbo. Certamente l’acqua non basterà, ma faremo una conduttura sotterranea che parta dal Verde ed arrivi dietro la fonte.
- Mettici pure una fabbrichetta per la produzione dei ceri, che i devoti, dopo averli pagati (ma non li potranno accendere tutti, per ragioni di spazio e di sicurezza) li accatasteranno a fianco dell’altare, e che alla sera saranno riportati in magazzino.-
- Ci devi mettere anche una vetreria per la produzione delle bottiglie -
- Bene! E qui una serie di alberghi per i pellegrini ed un immenso parcheggio per le auto e i pullman. –
- A guado Prati bisogna creare un grande spazio su cui metteranno le bancarelle per la vendita della porchetta, polli allo spiedo, salsicce alla brace, piatti, bicchieri, attrezzi per il giardinaggio, occhiali, dischi contraffatti, motoseghe, vestiti cinesi…
- Ed un grande spazio per le giostre, tirassegni, montagne russe, otto volanti, gallerie dell’amore…
- Ma - dice qualcuno, manifestando un’improvvisa perplessità - è una cosa che si può fare? -
- Se l’hanno fatta quelli di Medjugorje, perché non possiamo farla noi? Siamo più fessi dei bosniaci? -
- Ma non è un’offesa alla Madonna? -
- Che c’entra la Madonna, Lei è al di sopra di queste miserie! Sono cose prettamente umane: l’importante è che la gente ci creda! -
- Ma Adelio sarà d’accordo? -
- Questo non lo sappiamo: basta andare a chiederglielo -
Ipso facto decidono di andare tutti a compiere quella missione esplorativa.
- Vi spiace se io non vengo? - dice Cesare - devo rientrare per preparare il tè a mia madre.
- Vai, vai pure! - rispondono quelli.
La delegazione s’incammina lentamente verso via dei Cerroni.
fine
Pescara, 30 giugno 2014
|