La Terra dei Poveri
(tratto dal libro “La Terra dei Poveri: la piccola proprietà terriera a Borrello in Abruzzo 1798-1868” - pubblicato nell'anno 2009) di Angelo Ferrari
Presentazione
Se in una assolata giornata ci si affaccia dall’osservatorio che, nell’area
della riserva naturale delle Cascate del Verde, sovrasta le rupi imponenti
dalle quali precipitano le acque, poco distante dal centro abitato di Borrello,
non si può non rimanere colpiti dal paesaggio che si apre a nord fino
all’orizzonte, dove lo sguardo spazia lungo i crinali dei Monti Pizi e poi più
lontano fino a posarsi sulla maestosa mole della Maiella, per poi discendere
in un susseguirsi di monti, boschi, colline e paesi fino al fiume Sangro. Più
in basso verso est si distende la verde valle di Pilo, fino al Colle San Matteo,
immersa nella solitudine e attraversata dalle fugaci traiettorie di falchi,
nibbi e qualche aquila i cui acuti riecheggiano di tanto in tanto nell’aria
tersa.
Il silenzio è ovunque, solo si sente il sibilo del vento gelido o fresco, mai
caldo, che piega le fronde degli alberi lungo l’intera vallata e non è facile
immaginare che un tempo qui vi erano campi coltivati e vigneti, strade,
terrazzamenti, macere, uliveti, alberi da frutta e filari di noci, querce sparse
qua e la e ovunque uomini, donne, ragazzi, carri, animali, greggi, in un via
vai continuo di colori, di voci, di vita. Ancora più difficile è immaginare le
fatiche, i sacrifici, le dispute infinite per conquistare il diritto a coltivare
queste terre che oggi, ricoperte da una rigogliosa vegetazione quasi
rinselvatichita, si presentano come un ambiente naturale da proteggere,
facendo quasi dimenticare l’importanza che nei secoli passati esse ebbero
per l’economia rurale e la sussistenza di molte famiglie di contadini di
Borrello.
Questo lavoro tenta di ricostruire le vicende che per più di mezzo secolo
accompagnarono l’eversione feudale e la distribuzione della terra nel
comune di Borrello, con particolare riferimento alle iniziative della pubblica
amministrazione e dei singoli cittadini, con cenni alle tecniche di
lavorazione dei campi, ai prodotti raccolti e alla vita quotidiana dei
protagonisti.
(…)
Il presente lavoro ha anche lo scopo di esporre i fatti di cui si resero
protagonisti i contadini, i poveri, le persone più in vista e le autorità
cittadine nel lungo processo di trasferimento della terra demaniale ai
privati, con il fine di conoscere il mondo della civiltà contadina di un piccolo
centro dell’Abruzzo montano.
(…)
Le terre del demanio comunale nell’ ’800
Il 2 agosto del 1806, sotto il governo francese di Giuseppe Bonaparte,
venne approvata la legge sull’Eversione della Feudalità, questa, per ciò che
riguardava Borrello, obbligava il Decurionato cittadino a compilare
l’inventario di tutti i beni demaniali del Comune. Lo scopo della riforma e in
particolare il censimento dei demani era quello di individuare con chiarezza
tutti i terreni che a vario titolo appartenevano ai comuni e che avrebbero
costituito, secondo gli intenti dei riformatori, una massa di appezzamenti
agricoli da assegnare alla popolazione, a cominciare da quella meno
abbiente.
(…)
Nel primo decennio del 1800 Borrello, nel Circondario di Villa S.
Maria, nel Distretto di Lanciano, in Provincia di Chieti, contava una
popolazione di 950 abitanti, raggruppati in 173 famiglie, come attestava
l’Arciprete Giustino Carosella in una sua relazione nell’estate del 1810,
mentre l’estensione dell’intero territorio comunale arrivava a 3.956 tomoli
e 15 misure.
(…)
Per quanto riguardava la situazione demaniale del Comune di Borrello,
questa presentava alcuni aspetti peculiari caratterizzati da una certa
complessità a causa di fattori che il tempo aveva amplificato e reso sempre
più intricati. In primo luogo i contrasti, le usurpazioni e le rivendicazioni tra
la municipalità e il barone risalenti a qualche secolo prima. Il secondo
aspetto era costituito dalla situazione, anch’essa protrattasi negli anni,
relativa alle terre che il Comune aveva dato in concessione a diverse
famiglie di contadini, terre che dopo tanti anni venivano considerate di
proprietà dalle generazioni che si erano susseguite. Alcuni di questi terreni,
specie quando erano situati lontano dal paese come quelli in località
Baronessa, furono venduti dai cittadini di Borrello, pur non essendone
legittimi proprietari, ai vicini contadini di Villa S. Maria, dando origine a una
serie di litigi tra i due comuni confinanti. C’erano poi le proprietà della
Chiesa le quali, anche se non costituivano un demanio ecclesiastico vero e
proprio, erano sparse un po’ ovunque, frammiste ai possessi privati e a
quelli del demanio e si ingrandivano e moltiplicavano in seguito ai lasciti e
alle donazioni e pure essi erano oggetto di contesa con i coloni che le
avevano in affitto da molto tempo. Infine, si era verificato che col passare
degli anni molte scritture erano andate perse e molti degli atti e degli
istrumenti relativi alla compravendita dei terreni, alle concessioni in affitto,
agli usi, alle donazioni furono distrutti in varie circostanze a causa dei
frequenti incendi che devastarono in più occasioni sia gli archivi del
Comune che quelli privati.
La Terra del Piano del Verde e della Difesa Frascita e
Montalto
Il demanio del Piano del Verde era situato nella zona sud-est del
territorio comunale di Borrello e aveva una estensione di circa 64 tomoli,
tutti completamente coltivati, specie a grano e a orzo. Il continuo lavoro dei
coloni in questa zona, volto a reperire quanto più possibile porzioni di
terreno da coltivare, aveva fatto si che il paesaggio si presentava con ampi
spazi aperti e vasti terreni coltivati, senza alberi, né arbusti e né cespugli,
più o meno come lo si può osservare ancora oggi. Queste terre demaniali
erano situate nella vallata di forma allungata in direzione nord-sud che oggi
viene chiamata Piano del Verde ed erano limitate a est dal corso del
torrente Verde, a ovest da terreni privati, a nord dall’area delle cascate del
Verde e a sud dal territorio del comune di Rosello. Il paesaggio del Piano
del Verde si presentava prevalentemente pianeggiante, con qualche lieve
collina e ricco di acqua. Il Comune di Borrello ricavava da questo demanio
un discreto canone annuo pari a 1.280 misure di grano negli anni di
semina, infatti questo terreno veniva sfruttato intensamente dal lavoro dei
coloni. Le quote dei prodotti da versare al Comune, le terraggere, venivano
prese in consegna dai Terraggeri i quali, nominati dal Sindaco, si
occupavano anche di conservare in appositi locali i generi raccolti e
successivamente provvedevano anche alla loro vendita. L’intrinseco valore
di queste terre demaniali le aveva rese sempre molto richieste dai
contadini, infatti la vicinanza al centro abitato, il suolo pianeggiante che
favoriva gli spostamenti di carri e di animali, le vicine acque del Verde e
quelle dei valloni affluenti di sinistra del fiume e la buona resa dei prodotti
seminati, resero necessario un particolare sistema di assegnazione. La
procedura per l’attribuzione delle singole particelle se da un lato
salvaguardava la fertilità del terreno, proteggendola da un eccessivo
sfruttamento, dall’altro non invogliava i coloni ad apportare migliorie
consistenti e di lunga durata. Le terre del Piano del Verde venivano
assegnate ai coloni mediante un’asta che si svolgeva presso la sede del
Comune con l’accensione di una candela e le libere offerte potevano essere
presentate fino all’estinzione della fiamma dopo che la candela si era
consumata del tutto. Gli affittuari che avevano vinto l’asta ricevevano le
terre in concessione per sei anni, con la condizione di seminarle
alternativamente per tre anni, un anno si e un anno no e negli anni di
riposo del terreno era possibile realizzare quelle piccole migliorie urgenti di
cui il terreno stesso aveva bisogno. Alla fine dei sei anni le terre del Piano
del Verde venivano tenute a riposo per i successivi tre anni, per poi
rinnovare le assegnazioni o concederne di nuove mediante una ulteriore
asta con la candela.
(…)
Il demanio della Difesa Frascita e Montalto costituiva un nucleo di una
certa consistenza delle terre demaniali di Borrello e si estendeva su 100
tomoli di terra incolta collocata sul lungo
colle dove attualmente si estende il bosco di Montalto e su parte del
territorio della contrada Frusceto, fino al confine sud con il territorio
molisano del comune di Pescopennataro mentre a est distava circa un
miglio dal demanio del Piano del Verde. Questo demanio era una Difesa
destinata al pascolo ed era essenzialmente costituita sul lato est da ripide
pietraie sulle quali si estendeva il bosco di Montalto denominato bosco di
Montalto Pantaneto e per tutta l’area intorno al bosco tra le pietre
crescevano cespugli, pochi arbusti e qualche cerro.
Ufficialmente la difesa era destinata al pascolo dei buoi che venivano
impiegati nei lavori per l’aratura dei campi e perciò il Comune aveva
stabilito di non pretendere canoni dall’uso di questo tipo di pascolo. In
realtà però questa regola non era poi così rigida perché sui prati della
Difesa Frascita e Montalto venivano fatti pascolare anche altri animali e
specie in inverno vi venivano condotti i capi i quali non potevano svernare
in luoghi meno rigidi, come ad esempio le pecore di solito aggregate ai
pastori che transitavano per il tratturello che attraverso Agnone dirigeva in
Puglia.
(…)
In primo piano la Difesa Frascita e il Montalto
All’epoca gli animali che i contadini e i pastori di Borrello possedevano
erano in numero elevato e ammontavano complessivamente a 865 capi: vi
erano una quindicina tra cavalli e muli, settanta somari, ottanta mucche e
settecento ovini di cui circa cinquecento pecore e duecento capre. La
presenza di tanto bestiame, in riferimento alla popolazione che non
raggiungeva le mille unità, concentrato a ridosso e dentro il centro abitato,
causava non pochi problemi igienici. In questo periodo nel paese
scoppiavano ricorrenti epidemie e certamente la presenza nel centro
abitato di tante stalle attigue alle abitazioni e spesso dentro di esse non
agevolava la situazione. Purtroppo questi insopportabili disagi rimasero tali
perché non venne seguito l’esempio del vicino comune di Rosello, la cui
amministrazione negli stessi anni decise di trasferire e concentrare le
pagliare in una località non distante ma comunque fuori dal centro abitato.
C’erano poi le continue liti tra pastori e agricoltori in relazione alle regole
di attraversamento dei terreni, anche se secondo l’usanza del tempo dopo
la raccolta dei prodotti agricoli e fino alle nevicate invernali tutti gli animali
potevano pascolare liberamente senza alcun tipo di pagamento sui terreni
aperti, anche se erano privati e persino se appartenevano alla tenuta del
barone.
Il Cavaliere Giuseppe De Thomasis, Commissario del Re per la Divisione
dei Demani, in data 6 ottobre 1810 aveva approvato la relazione sulle terre
demaniali del Comune di Borrello che gli era stata consegnata il 19 agosto
dello stesso anno dal signor Pasquale Croce, Direttore per la divisione
dei demani nella sezione di Agnone. Questi si recò a Borrello il 7 aprile del 1811 per
recapitare al Comune la delibera del De Thomasis che fu consegnata al
segretario Francesco Antonio Carosella e nello stesso giorno fu convocato il
Decurionato, cioè il Consiglio Comunale, che con le decisioni approvate
nella seduta dette di fatto l’avvio alla distribuzione delle terre demaniali fra
i cittadini.
Venne stabilito che il demanio della Terra del Piano del Verde fosse
suddiviso fra le famiglie povere che non possedevano altri terreni coltivabili.
Qualora il numero dei richiedenti fosse stato superiore al numero delle
particelle che si potevano ricavare dalla superficie disponibile si sarebbero
prelevati ulteriori tomoli di terra dalla Difesa di Frascita e Montalto. Inoltre,
sempre in previsione della distribuzione di queste terre e in conformità alle
norme generali sulla ripartizione imparziale dei demani, vennero nominati
due periti, Concezio Calabrese e Giuseppe D’Amico, residenti nel comune di
Quadri e un agrimensore che fu individuato nella persona di Luca D’Amato
di Rosello. Lo scopo era quello di giungere rapidamente alla completa
parcellizzazione delle terre del Piano del Verde e alla loro classificazione in
modo da determinare canoni equi sulle particelle da assegnare. Infine
venne approvata la procedura per l’assegnazione delle terre, cioè tramite
un bando pubblico per invitare tutti i cittadini non possidenti a presentare al
Comune la richiesta di assegnazione, successivamente si sarebbe proceduto
al sorteggio delle particelle. Gli assegnatari avrebbero dovuto impegnarsi a
conservare i pochi alberi che si trovavano sulle terre del Piano del Verde,
cioè sulla parte coltivabile di questo demanio, raccomandazione che non fu
rispettata se non da pochi.
(…)
Quando nel mese di aprile 1811 l’agrimensore Luca D’Amato si recò al
Piano del Verde per assolvere al suo incarico venne accompagnato,
contrada per contrada, da due cittadini di Borrello, Giuseppe Di Luca e
Giuseppe Di Nardo, nominati per l’occasione indicatori al servizio
dell’agrimensore di Rosello.
La superficie del demanio della Terra del Piano del Verde risultò essere
di 51,75 moggia, mentre la parte più pianeggiante della Difesa denominata
Frascita, cioè quella coltivata, si estendeva per 72,5 moggia, ogni moggio
fu calcolato con una misura pari a 900 passi di area, cioè di superficie, e
ciascun passo misurava 7,3 palmi.
(…)
Tra la fine di aprile e i primi giorni di maggio del 1811 l’agrimensore
incaricato, confortato dal parere dei due periti di Quadri, stabilì anche i
canoni relativi alle terre in assegnazione che i coloni avrebbero dovuto
pagare annualmente al Comune.
Il canone del Piano del Verde, che variava a seconda della fertilità del
suolo e in base al raccolto che se ne prevedeva, fu riferito a tre classi di
terreno. I periti stabilirono che 9,75 moggia erano da considerarsi terreno
di prima classe con un valore di 3 ducati per moggio, per cui il valore
complessivo delle terre di prima classe del Piano del Verde era pari a 29
ducati e 40 grana. Ne conseguiva che, essendo il canone annuo calcolato al
5% del valore del terreno, i contadini affittuari avrebbero dovuto pagare al
Comune 15 grana per moggio. Con lo stesso meccanismo il canone annuo
per i 23,5 moggia di seconda classe risultò essere di 12 grana per moggio,
conteggio che indicava un valore delle terre di seconda classe pari a 56
ducati e 40 grana. Per le 18 moggia dei terreni di terza classe si decise per
8 grana per moggio da cui derivava un valore di questi appezzamenti di 29
ducati e 60 grana.
I terreni della Difesa di Montalto furono considerati insieme a quelli del
Piano del Verde per essere distribuiti ai coloni, ma erano meno fertili di
quelli della piana bagnata dal fiume e quindi, per quanto riguardava la
porzione di terra valutata di prima classe, vennero applicate delle
valutazioni inferiori.
La parte di territorio, appartenente alla Difesa di Frascita e Montalto e
denominata Frascita (Frusceto) la quale misurava 72,5 moggia venne
quindi divisa in tre categorie: alla prima, di moggia 19,25 fu assegnato un
canone annuale di affitto di 15 grana per moggio, alla seconda di 24,5
moggia un canone di 12 grana per moggio e alla terza categoria di 28,75
moggia un canone di 8 grana per moggio.
(…)
Nell’autunno del 1811 e precisamente il 27 di ottobre, la prima
distribuzione demaniale nel Comune di Borrello poteva dirsi conclusa. Le
terre del Piano del Verde, per le quali subito dopo il bando erano state
presentate 47 domande di assegnazione, vennero frazionate in 47 particelle
e assegnate alle famiglie più bisognose del paese, mentre con la terra del
Frusceto vennero formati 110 appezzamenti perché tanti furono i contadini
che avanzarono richiesta di assegnazione e che ne avevano diritto perché
veramente poveri. In totale erano stati assegnati 124 moggia di terra dei
quali però 51,5 moggia costituivano terre coltivabili e 72,5 erano terreni
incolti.
(…)
La mattina del 18 ottobre il bando cittadino annunciava in modo
comprensibile alla popolazione la chiusura delle assegnazioni delle terre
demaniali, infatti esporre comunicati presso la sede del Comune, cosa che
certamente veniva fatta, era pressoché inutile, quasi tutti i contratti di
assegnazione furono crocesegnati, cioè firmati con una croce.
Erano trascorsero pochi anni e già si verificarono i primi problemi, in
precedenza l’agrimensore Pasquale Croce aveva frazionato le terre del
Piano del Verde e quelle del Frusceto equamente, in modo tale che ogni
assegnatario aveva ricevuto terreni di prima, seconda e terza classe e ciò
inizialmente si rivelò un aspetto positivo, ma col passar del tempo le cose
cambiarono. I coloni tendevano sempre più a concentrasi sulla coltivazione
dei terreni maggiormente fertili che garantivano una produttività elevata e
costante, mentre le aree che fornivano un raccolto mediamente basso
tendevano ad essere abbandonate e più di qualcuno aveva manifestato
l’intenzione di volerle restituire al Comune. Infine, su pressioni del signor
Pasquale Croce e dello stesso De Thomasis, il Consiglio Comunale nella
seduta del 29 novembre del 1817 deliberava che ogni cittadino
assegnatario delle terre demaniali aveva l’obbligo di accettare e coltivare
per intero la propria quota e pagare l’intero canone annuale senza poter
rinunciare alle porzioni meno fertili assegnate. Firmarono la delibera il
sindaco di Borrello Romualdo Di Luca e il Decurionato composto da Antonio
Di Nardo, Pasquale Di Liscia, Clemente Di Luca, Pasquale Di Francesco e
Gaetano Di Fiore.
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