9 NOVEMBRE 1943 - 70° ANNIVERSARIO DELLA DISTRUZIONE DI BORRELLO
UNA STELE PER NON DIMENTICARE

Discorso tenuto il 3 Novembre 2013, giorno dell’inaugurazione.
di Riccardo D'Auro
Foto di Luca Di Nunzio


“In memoria indelebile della distruzione del Paese iniziata in questo luogo dai Tedeschi in ritirata il 9 Novembre 1943”

Così è scritto nella targa apposta alla base della Stele.

In questo luogo nelle prime ore del 9 novembre 1943 i guastatori tedeschi, appoggiati dalle SS, iniziarono la distruzione sistematica di Borrello e di altri 11 comuni della sponda destra del Sangro fino ad Alfedena. Oltre 20.000 persone furono lasciate senza tetto alle soglie dell’inverno, perché il nemico, ormai giunto nell’alto Molise, non trovasse alloggiamenti. Secondo i piani del Maresciallo Kesselring sarebbe stato qui fermato sulla famigerata linea di difesa Gustav in corso di allestimenrto, che da Ortona correva attraverso i nostri monti fino a Cassino. Uno dei suoi punti forti era costituito dalla medio-alta valle del Sangro in cui, appunto, fu fatta terra bruciata. La distruzione ebbe termine il 26 novembre, giorno in cui i tedeschi passarono a presidiare il versante opposto dove rimasero fino ai primi di giugno del 1944.

E’ importante soffermarsi su quanto allora accadde a Borrello.

Alcuni reparti della Wehrmacht, giunti il 12 ottobre, facevano la spola con il fronte che si avvicinava sempre più. In molte case i tedeschi alloggiarono con i proprietari, senza creare eccessivi problemi, ma, per il verificarsi degli avvicendamenti, il rapporto divenne via via più duro, fino a diventare brutale la mattina del giorno fatale in cui i soldati scacciarono dalle case la popolazione, che fu costretta a raggiungere precipitosamente gli uomini alla macchia.
Durante i 17 giorni della distruzione le SS agirono con estrema disumanità, seminando terrore e morte contro i malcapitati che, spinti dalla fame, erano costretti a tornare in paese, e contro gli sfollati, quando piombavano improvvisamente nei rifugi a caccia di uomini ed animali e razziando di tutto, perfino le misere scorte di viveri. La lista dei morti si allungava di giorno in giorno con le vittime delle mine, delle cannonate, delle fucilate e dei crolli; di questi ultimi si seppe quando vennero rinvenuti i corpi orribilmente straziati di quattro anziani che vivevano soli.
Intanto il paese, messo a ferro e a fuoco in varie riprese, andava scomparendo.

E’ inimmaginabile la scena apocalittica che apparve agli occhi degli attoniti cittadini il giorno del ritorno dalla macchia: una enorme montagna di macerie, senza soluzione di continuità, che impediva il passaggio a piedi anche nelle strade più larghe. Il misfatto più grave lo aveva subito la parte antica del paese, accentrata nei secoli qui dove siamo, compresa tra via del Popolo e le Rupi. Secondo uno studio fatto da chi vi parla nel 2003, in occasione del Convegno celebrativo del 60° anniversario della distruzione dei comuni predetti, vi esistevano ben 214 fabbricati, che furono quasi tutti rasi al suolo o gravemente danneggiati. La maggior parte di essi non è stata ricostruita e le loro macerie sono ricoperte dalle ampie aree verdi che vediamo. La percentuale ufficiale dei danni subiti da Borrello fu del 90% circa, una delle più alte della provincia di Chieti, a sua volta una delle più danneggiate d’Italia.

La lunga e faticosa opera della ricostruzione iniziò immediatamente con la riparazione di qualche tetto sotto cui potersi rifugiare durante l’inverno che incalzava. I senzatetto sostennero una lotta senza pari nella terra di nessuno, affamati, sotto le cannonate sparate dai nemici e dagli amici - questi ultimi ci colpirono con un bombardamento aereo - e insidiati dalle mine che fecero per lungo tempo strage di vite.
I lavori procedettero più intensamente nel 1944 alla fine del quale il Governo emanò il primo provvedimento legislativo a favore della ricostruzione che prevedeva la concessione di un modesto contributo limitato ai fabbricati danneggiati da ripararsi con l’impiego del materiale riutilizzabile. Un provvedimento improntato al massimo risparmio a causa delle disastrate finanze statali. Ma poiché i fabbricati distrutti costituivano la maggioranza, fu giocoforza estendere il contributo anche ad essi, ferma restando l’entità dell’importo. Di conseguenza alcune categorie di lavori dovevano restare escluse dal beneficio. Un lieve aumento fu concesso soltanto entro il 1948, anno in cui erano previsti la fine dell’emergenza ed il passaggio alla ricostruzione dei fabbricati distrutti. L’esercizio del diritto dei danni di guerra fu prorogato per decenni; l’importo del contributo, però, rimase sempre inadeguato alla spesa sostenuta dagli aventi diritto.
I sinistrati, quindi, non vennero mai indennizzati equamente, soprattutto nelle fasi iniziali quando l’impellente bisogno della casa li costrinse a beneficiare, comunque, dei lavori di pronto intervento, lavori che col passare degli anni richiesero opere di consolidamento o, addirittura, il rifacimento. Pertanto i senzatetto subirono un danno doppio, mentre lo Stato col risparmio conseguito potè risolvere, seppure parzialmente, il problema dei ricoveri, che era stato l’obiettivo primario dei governanti. Non fu oggetto di mugugni, dimostrazioni e dissenso, che gli piovono oggi addosso per calamità meno gravi.
E, forse, quella rapidità di azione fu dannosa per Borrello, che avrebbe potuto ottenere, come i comuni che avevano subita la stessa percentuale di danni, altri alloggi, anche dall’UNRA CASAS.

Oltre alla distruzione totale, Borrello subì la perdita, ben più grave, di 26 cittadini ed il ferimento di numerosi altri: un bilancio pesantissimo che pesò a lungo sulle sfortunate famiglie colpite. Nemmeno per questo alto tributo di sangue, pagato per una guerra insensata che nessuno pensava potesse arrivare fino a questi posti sperduti, il Comune ha ottenuto un riconoscimento morale di sorta. Comunità meno colpite, invece, negli ultimi tempi hanno ricevuto medaglie e riconoscimenti. La nostra tragedia, forse perché si consumò prima che giungesse il fronte nel tratto di sponda predetto e nella valle, destò poca attenzione anche da parte delle istituzioni. E’ sembrato, però, che sia mancata, allora e anche di recente, l’attenzione delle autorità locali, che non chiesero abbastanza. Certe disparità hanno riaperto nei superstiti la piaga dolorosa del terribile evento. Anni fa un parlamentare, probabilmente un sinistrato, si ricordò dei sacrifici che furono fatti per risorgere ed invocò, per i comuni che furono distrutti dalla guerra, un tardivo riconoscimento morale: la concessione del titolo di “Benemeriti della Ricostruzione” : ma la proposta di legge è rimasta finora tale.

Credo che da questo succinto excursus sia apparsa chiaramente l’importanza storica dell‘evento che annientò Borrello 70 anni or sono: distruzione e rinascita. Una parentesi dolorosa vissuta dalla sua popolazione, colpita anche da perdite umane rilevanti, che seppe reagire con grande decisione alla malasorte con sacrifici sovrumani per contrastarla e vincerla. Anche se di questo calvario è stato scritto molto, si è constatato, purtroppo, che la memoria dei fatti va inesorabilmente svanendo. Inoltre, il consistente flusso di visitatori che si dirige al centro storico non sa che il paese antico venne cancellato dalla guerra maledetta che investì il nostro territorio.
Non nascondo che l’ignoranza di un tale misfatto angustia i superstiti, i quali nel tempo hanno manifestato alle autorità comunali la necessità di dedicare in loco un marmo a testimonianza. L’Amministrazione attuale, con molta sensibilità, ha raccolto la richiesta, realizzando questa pregevole stele in occasione del 70° anniversario della distruzione del paese.
L’opera, in travertino giallognolo, consta di un basamento quadrato sul quale si erge un corpo solido rastremato, formato da tre sezioni: le prime due rivestite da lastre mentre l’ultima è un blocco pieno stozzato in sommità da cui escono tre canne di acciaio dirette verso l’alto, che simboleggiano la distruzione, la guerra e la rinascita.
Nel contesto del Parco della Rimembranza della millenaria storia di Borrello, la stele è sorta laddove si trovava la prima casa che saltò in aria. Ricorderà indelebilmente il giorno e le Vittime dell’immane sciagura, i nomi delle quali sono uniti a quelli dei Caduti delle guerre volute dal Fascismo nel Monumento di Piazza IX NOVEMBRE 1943. Ricorderà, inoltre, le fatiche, i sacrifici, le sofferenze e le delusioni sopportati per lunghi anni dalla comunità per rinascere. Sarà, infine, un monito perché le guerre non vengano più combattute.
Porgo agli Amministratori Comunali il mio sentito ringraziamento e quello degli amici che hanno caldeggiato la realizzazione dell’opera.

Ricostruzione grafica del centro storico
Le tavole di Simona Spagnuolo


La Porta e Largo Marconi

Era questo il punto strategicamente più importante dell'antico borgo per la presenza della roccaforte dei Borrello e della porta principale di accesso. La veduta dall'alto evidenzia la discesa della Costa e l'inizio di via del Popolo, la più lunga dell'abitato.


Via dell'Orologio

Primo tratto della schiera dei fabbricati sul lato destro.


Via Marsica - lato destro


Via Marsica - lato sinistro

Disegno fedele delle due schiere di fabbricati che vi affacciavano e in cui fiorivano molte attività. Una strada importante anche perché vi erano le abitazioni della maggior parte dei notabili del paese.


Parte bassa dell'abitato

L'autrice si cimenta con un'altra riuscita "ripresa" dall'alto. Il suggestivo insieme di fabbricati che sorgevano in prossimità dell'incrocio di via Marsica e di via del Popolo, con la parziale veduta della Chiesa Madre
E' il luogo dove ebbe inizio, il 9 novembre 1943, la distruzione sistematica dell'abitato di Borrello.


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