La Roccaforte de I Borrello di Riccardo D'Auro
Per migliorare la conoscenza dell’edificio storico più importante di Borrello, dagli anni ’20 del 1900 sede prestigiosa del Comune, ho fatto alcune considerazioni sui particolari costruttivi originari perduti con l’esecuzione dei lavori di trasformazione. Ciò è stato possibile per la descrizione fatta da mio padre in base ai ricordi personali e di famiglia, e da Eugenio Maranzano nel suo libro Borrello tra i vicini Comuni della Val di Sangro sulla scorta della Relazione di apprezzo dei beni feudali dell’ingegnere Giovanni Antonio Juliani datata 22 febbraio 1755.
Il castello della Baronal Camera costrutto a modo di torre scarpata confinava a levante con l’orto contenuto dal Rinforzo della Terra ovvero dal primo tratto della mura di difesa, a ponente con vinella (la cantina del vino) contigua alla chiesa di San Onofrio. Costruzioni, queste, distaccate che probabilmente seguivano l’allineamento dei fabbricati attuali. Inoltre, il castello confinava, a tramontana, con la Piazza di detta Terra e a mezzogiorno con lo spiazzo avanti la Porta da Capo .
Torniamo alla facciata Nord, diventata dagli Anni ’20 il prospetto monumentale del Palazzo, e seguiamo la descrizione dello stato di fatto delle opere. Mediante la prima rampa della scala, di dieci gradini di pietra locale (stesso numero di quella attuale), si accedeva ad un balladoro sul quale si trovava il Fonadaco per stipa di grano . Una costruzione di un piano in parte contigua, che si configura con quella esistente convenientemente ristrutturata, che consisteva in un camerone coperto da una volta a botte con soprastante tetto ad una falda, al di sotto del quale vi era un vano seminterrato adibito a stalla con accesso dall’orto. Vano scomparso con i lavori di ristrutturazione del complesso immobiliare, probabilmente per migliorare la stabilità del fabbricato che, inoltre, subì il cambiamento della copertura da tetto a terrazzo. Con una seconda rampa di ventisei gradini (attualmente ne sono venti), protetta da una pettorata e ginella sopra, si smontava su un altro balladoro (sito più o meno a livello dell’odierno terrazzo) dal quale si proseguiva per il Ponte di legname alzatora . Il perito non spiega come ci si arrivava. A mio parere la scala, dopo una prima rampa esterna, come quella che vediamo oggi, doveva continuare all’interno della torre. Non vi sono altre soluzioni se l’accesso alla residenza del Barone avveniva attraverso il ponte levatoio.
Non è il caso di descrivere com’erano suddivisi i tre piani dell’antica roccaforte perché è stato fatto in modo particolareggiato da Maranzano. C’è solo da fare una considerazione circa le altezze dei due piani sottostanti quello residenziale, che dovevano essere alquanto ridotte. Il loro volume complessivo potrebbe corrispondere approssimativamente a quello che venne destinato dai lavori di trasformazione agli uffici municipali. L’affermazione proviene dal fatto che sotto il pavimento del piano più basso si trovava la piattaforma, formata da roccia e muratura alla quale erano stati ancorati i poderosi muri scarpati perimetrali, parzialmente demolita per la creazione delle due aule scolastiche in cui oggi ha sede il Museo. Il piano predetto, definito oscuro, era adibito a carcere civile e criminale suddiviso in tre celle di cui due per il civile munite di finestrino, mentre l’altro era ubicato all’interno a fianco alla scala. A mio parere doveva esserci una porta comunicante con l’esterno ubicata all’incirca in corrispondenza di quella di ingresso del Municipio che è stata murata in occasione dei recenti lavori di trasformazione. Non è concepibile, infatti, che guardie e carcerati, approvvigionamenti e quanto altro, passassero per l’ingresso principale. Inoltre, nel piano doveva trovarsi anche la famosa botola che, secondo leggenda, funzionava da trabocchetto in cui precipitavano i condannati a morte. Però i miei nonni, paterno e materno, artefici della trasformazione della fortezza, non raccontarono di ossa umane rinvenute durante la demolizione del basamento della fortezza che la rendeva indistruttibile.
Un’ultra considerazione attiene alla situazione delle due facciate del complesso immobiliare rivolte verso Sud-Est, esistente prima del suo acquisto e durante l’esecuzione dei lavori. E’ documentata da tre cartoline riportate con i numeri 1, 14 e 16 nel mio libro 60° Anniversario della Guerra in Abruzzo e Molise… . La prima, stampata nel 1910 su negativo del Notaio De Nillo, ci mostra il netto distacco della torre dalla facciata Est e il suo appoggio sul terrapieno degli orti situato in posizione arretrata rispetto alla facciata Sud. La seconda cartolina, risalente ad alcuni anni dopo, ci mostra che sull’area sottostante al terrapieno era stato edificato un fabbricato, addossato allo stesso e all’edificio, che in seguito venne acquistato dal Comune. La terza, degli anni ’20, ci mostra la facciata Sud sistemata così com’è oggi e la torre momentaneamente demolita per poter eseguire gli opportuni lavori di consolidamento della base prima della sua ricostruzione.
A questo punto non mi resta che spendere qualche parola sull’ingresso al giardino ortolizio che avveniva ai piedi della grada di detto Palazzo. Alla sua sinistra, cioè sull’area su cui vennero edificate le case dei Croce e di altri, si trovavano degli immobili pure appartenenti alla Baronal Camera. Ma, la descrizione farraginosa della Relazione, fatta salva un’altra stalla, non ci permette di conoscere caratteristiche e consistenza. Potranno essere materia di altri studi.
Concludo con una riflessione sul danno architettonico ed ambientale che, secondo alcuni, avrebbe subito la ex roccaforte de I Borrello con i lavori di trasformazione. Ritengo, se mai, che a causarli sia stata piuttosto l’edificazione dei fabbricati avvenuta sulle aree contigue che gli ultimi Baroni avevano ceduto ai privati.
Pescara, 7 novembre 2007
Un'appendice sulla Roccaforte de I Borrello
Dopo circa quattro anni dalla pubblicazione del mio saggio sulla ex fortezza de I Borrello, il ritrovamento di una vecchia fotografia inedita mi impone di tornare sull’argomento. E’ stata rinvenuta da Blando Palmieri tra gli atti della Comunità Evangelica di Borrello, pervenutigli dall’Archivio Storico della Tavola Valdese per uno studio sul Protestantesimo locale. Blando mi ha fatto dono dell’importante documento - che rivela finalmente con chiarezza i particolari della facciata Sud-Est – e ha autorizzato la sua pubblicazione in anteprima, ritenendola documento fondamentale per approfondire la conoscenza dello storico edificio, onore e vanto della nostra comunità.
La fotografia con ogni probabilità risale agli anni intorno al 1915, periodo in cui i lavori di trasformazione, da poco iniziati, erano sospesi a causa dello scoppio della guerra. E’, quindi, di qualche anno successiva alla panoramica parziale del paese, citata nel saggio, in cui si distinguono - sebbene la ripresa sia avvenuta da distanza ragguardevole - anche i particolari del prospetto principale rivolto a Nord-Est. Chissà se col tempo potranno tornare alla luce le immagini delle altre due facciate del fortilizio!
Scopriamo ora che su detta facciata esistevano tre ordini di finestre, le quali attengono, rispettivamente, al sottotetto praticabile, al piano residenziale e a quello sottostante destinato ai servizi. Al disotto c’era il carcere che non prendeva luce da questo lato. Le finestre confermano con approssimazione le altezze ridotte dei piani, ad eccezione di quello destinato ad abitazione. La fotografia, inoltre, evidenzia con chiarezza l’appoggio del primo livello direttamente sulla roccia. Può essere, dunque, definitivamente rigettata l’ipotesi, sostenuta da qualcuno, dell’esistenza di altri locali ad esso sottostanti. Con un lavoro immane detta quota fu abbassata per ricavare due aule della Scuola, che da Piazza Plebiscito venne trasferita nel nuovo Palazzo Municipale.
Il prezioso documento conferma pienamente la descrizione dello stato di fatto originario della fortezza. Pone in evidenza, infine, la costruzione del fabbricato, che verrà in seguito pure acquistato dal Comune, avvenuta nel corso dei cinque anni circa trascorsi tra le ripetute fotografie. Gli anziani chiamavano l’immobile “La Cooperativa”, e, forse, l’insegna che si intravede sul portone principale indica questa importante forma associativa, che, purtroppo, ebbe vita breve.
Non mi resta che rivolgere un grato pensiero all’autore della straordinaria fotografia, il quale certamente è da identificare nel Pastore Protestante dell’epoca, e un sentito ringraziamento a Blando anche a nome degli altri cultori della storia locale.
Luglio 2011
|