TORNANO LE RONDINI
MEMORIA SULLA RICOSTRUZIONE IN ABRUZZO
di Riccardo D'Auro


E' il titolo del libro di Riccardo D'Auro, uscito nei primi di novembre, di cui abbiamo anticipato il contenuto alla vigilia dell'estate.
Eugenio Maranzano nella sua valida Presentazione lo definisce "profondo e poetico". Una metafora che è nata dall'osservazione dello stato di avanzamento soddisfacente dei lavori durante la seconda primavera della ricostruzione che aveva permesso alle rondini di ritornare. Fu una sorpresa, dopo che il fragore della guerra, le vicissitudini ed il fervore delle opere avevano fatto passare inosservata la loro assenza nella stagione precedente. Dunque, è la rinascita della vita salutata da quel gioioso ritorno. Una Rinascita che si manifesta anche attraverso la bella rappresentazione pittorica di Raffaello D'Auro che arricchisce la copertina del volume.
Restano qui appresso, pressoché invariate, le note di commento scritte in occasione dell'annuncio del libro. Si tratta di una ricerca storica molto importante relativa ad un periodo durissimo durante il quale, senza clamori, i senzatetto abruzzesi riuscirono a ricostruire le loro case. Sono gli anni del pronto intervento, dal 1944 al 1949, che risultarono fondamentali per la ricostruzione, descritti in base ai ricordi ed alle testimonianze dirette, ma inquadrati in un vasto scenario storico che la fine della guerra stava modificando radicalmente. Il libro può essere considerato un po' come il seguito di "IX NOVEMBRE 1943 - LA DISTRUZIONE DI BORRELLO", ma con il discorso che D'Auro ha allargato ai centri della valle del Sangro e della provincia di Chieti e a Pescara che fu la città abruzzese più colpita dai bombardamenti aerei. Si ricorda qui che detto volume ebbe il privilegio di essere presentato presso la Biblioteca Provinciale "De Meis" a cura dell'Istituto Abruzzese per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza.
Sulla guerra in Abruzzo è stato scritto abbastanza, ma poco, o quasi nulla, sulla ricostruzione, specialmente su come fu possibile realizzarla in anni così difficili. Anche le Istituzioni hanno fatto poco per esaltare la grande impresa che si realizzò per la tradizionale tenacia e l'attaccamento delle popolazioni colpite alla loro terra. Un'occasione mancata per dimostrare, soprattutto ai giovani, l'importanza dei valori di questo evento storico. Il libro, e in ciò si rivela la sua originalità, vuole proprio sopperire a questa mancanza. Parla dei sacrifici e delle vicissitudini che dovettero sopportare i sinistrati, già stremati da anni duri durante i quali si erano dissolte le magre economie famigliari. Le comunità della sponda destra del Sangro, tra cui Borrello, iniziarono la poderosa opera della ricostruzione a fine novembre 1943, appena il rientro dalla "macchia", mentre erano nella terra di nessuno e sotto il tiro delle armi tedesche. Ingaggiarono una strenua lotta per la sopravvivenza con l'obiettivo di tornare al più presto ognuno sotto al proprio tetto. Quando dopo circa un anno si cominciò a parlare di provvidenze governative molti tetti erano tornati già a posto. Ma la ricostruzione si protrasse per decenni dopo la conclusione del periodo dell'emergenza e dei lavori di pronto intervento. Lo Stato non fu prodigo di aiuti, soprattutto con quelli che si affrettarono ad eseguire lavori che l'esiguità del contributo previsto non avrebbe in alcun modo coperto. Si illusero di poter ricevere in avvenire le dovute integrazioni, come molti altri che attesero invano un risarcimento più cospicuo e che finirono per perdere ogni diritto.
L'autore non si limita a riferire strettamente della ricostruzione. Dedica moltissime pagine ai ricordi, ai fatti e alle vicende rimaste sconosciute nel clima gravido di una guerra che tardava a concludersi. Seguendo il fluire del tempo registra i lievi progressi e i tanti avvenimenti che lo scandivano: il ritorno dei reduci, le competizioni elettorali, l'emigrazione, la trepida speranza di un futuro migliore, la formazione delle giovani coscienze e il graduale cambiamento della vita tradizionale. Insomma, non si limita alla fredda, precisa analisi della ricostruzione, pure perspicua e ricca di riscontri, ma si abbandona all'affresco poetico e vigoroso del riemergere caparbio della voglia di vivere, è esaltandolo ed esaltandosene.

Donato Di Luca

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