IX NOVEMBRE 1943 LA DISTRUZIONE DI BORRELLO
di Riccardo D'Auro
"Ma nel mio cuore - Nessuna croce manca - E’ il mio cuore - Il paese più straziato" : Questi versi di Ungaretti sono stati una delle prime assonanze che il libro di Riccardo ha provocato in me fin dalla premessa. Ascoltatelo: "Ma i segni più gravi si riscontrano nell' intimo di noi (…) Di notte nelle case ricostruite ritorna l’incubo delle rovine fumanti, (…) perché le profonde ferite stentano ancora a rimarginare". E se qualche riga prima leggiamo: "Cinquant’anni non sono bastati per cancellare dalla memoria (…) la paura della morte più volte sfiorata", come non sentire in questo splendido verso l’eco della celebre conclusione quasimodiana "Con noi la morte ha più volte giocato"?…
Perché questo è il peculiare pregio del libro di Riccardo -un pregio che in genere i libri di storia non hanno- il suo specifico valore aggiunto: che la storia vi sfiora spesso un andamento poetico e cantante, come solo accade quando essa narra vicende non sentite o apprese, ma vissute col cuore, con l’anima e con tutti i sensi, compresa la paura per la propria vita e per quella dei propri cari.
Da questo punto di vista, l’osservazione che qualche giovane critico, forse con troppa supponenza, rivolse al libro definendolo "la storia secondo Riccardo d’Auro", non potrebbe costituire complimento più lusinghiero o intuizione critica più limpida. Ma anche da un altro punto di vista, sì: perché è possibile e doveroso collocare l’opera di Riccardo nella sofisticata tradizione annalistica francese oppure nella metodologia inaugurata in Italia da Carlo Ginzburg e dai suoi allievi, presentata nella einaudiana "Microstorie".
Ci sono due impulsi narrativi nell’opera di Riccardo d’Auro. Il primo è il bisogno di fare i conti con un momento cruciale della propria storia, riviverlo ripensarlo, definirlo esattamente per quel che è stato e per come si è svolto, in una parola "elaborarlo". E’ un impulso tirannico o, per lo meno,lo è stato per D’Auro, che ha costretto ad un'estenuante verifica dei suoi ricordi e dei documenti su cui basava la propria ricerca, con la memoria e i documenti di tutti coloro che, come lui, avevano attraversato l’Acheronte dei "tempi della macchia". Il secondo, la necessità di dare una risposta alla domanda "Perché è accaduto tutto questo?": domanda non da poco e affatto retorica in quanto è stata la domanda corale di tutta la comunità di Borrello da quel fatale 9 Novembre 1943; domanda di senso legittima ed esigente per un popolo che vedeva accadere fatti che gli avrebbero sconvolto per sempre la vita; domanda difficile. Ma Riccardo non si sottrae: scava negli archivi, interroga la "grande storia", ricostruisce il puzzle degli avvenimenti locali, e azzarda una risposta che ha tutte le caratteristiche di un dato di fatto verificabile: eravamo caduti, ciascuno e tutta la Comunità, come tutte le vittime ignare ignote ai potenti, nella trascurabile palude che i generali chiamano "terra di nessuno", luogo forse disabitato dove anche un mitragliamento aereo può accadere per caso.
RIMINI, 5 aprile 2001
Pro manuscripto
Donato Di Luca
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