UN POMERIGGIO COL GRUPPO ALPINI DI BORRELLO

di Riccardo D'Auro


Oltre alla “scarpinata” del 14 agosto attraverso le abetaie di Borrello e di Pescopennataro - con meta le gelide acque della Fonte della Gallina - il Gruppo Alpini di Borrello, come ormai è consuetudine, il 17 ha reso gli onori ai propri Fratelli scomparsi, ai Caduti di tutte le guerre e alle Vittime civili della barbarie tedesca. Il ricordo di queste ultime è rimasto sempre vivo nella popolazione ed è, ora, ancora più sentito per la ricorrenza del 70° anniversario della distruzione del paese avvenuta tra il 9 ed il 26 novembre 1943. Un evento importantissimo che il Comune certamente vorrà celebrare con solennità per tenerne viva la memoria.
La serata si è conclusa con la riunione del Gruppo, in presenza di un folto pubblico, per assistere alla proiezione di molte fotografie eccezionali che documentano la partecipazione degli Alpini alla campagna di Russia con l’armata italiana (l’ARMIR) e la sua tragica ritirata, un dossier commentato abilmente da Mario Salvitti Direttore della Rivista semestrale “L’Apino d’Abruzzo”. La visione è stata preceduta dai saluti del Sindaco e dei Presidenti del Gruppo e della Sezione Abruzzi, i quali hanno annunciato che il Comune di Gioia dei Marsi, per iniziativa degli Alpini della frazione Sperone, il 25 avrebbe dedicata una strada, nella medesima, al compianto Antonio Festa; cerimonia per la quale è stata subito concordata la presenza ufficiale dell’Amministrazione e del Gruppo di Borrello. Gli interventi predetti sono stati conclusi da chi scrive con una Relazione, qui riprodotta, sul 1943 che fu l’anno decisivo per l’esito della seconda guerra mondiale.

Ripercorriamo insieme le tappe delle catastrofiche vicende che si abbatterono sull’Italia durante quell’anno infausto a partire da gennaio in cui avvenne la disfatta della su citata armata, che era stata costretta a misurarsi con un nemico dotato di mezzi enormemente superiori ai propri. Si consumò il sacrificio di molte decine di migliaia di uomini, soprattutto appartenenti al Corpo d’Armata Alpino costituito dalle divisioni Cuneense, Tridentina e Julia. Questa ultima, composta in gran parte dalla migliore gioventù abruzzese, fu distrutta quasi interamente durante la terribile “marcia all’indietro”. La partecipazione alla campagna fu voluta con insistenza da Mussolini che si era illuso dalla rapidità dell’avanzata dell’alleato giunto alle porte di Mosca.
Nella tarda primavera si concluse in Tunisia la ritirata delle truppe dell’Asse, iniziata in novembre con la sconfitta di El Alamein, che determinò la fine della nostra avventura in terra d’Africa.

Si intensificò il rientro dei reduci mentre la situazione generale italiana giungeva rapidamente allo stremo. L’aumento dei bombardamenti aerei sulle città più importanti e sulle coste della Sicilia faceva chiaramente capire che l’Italia poteva essere attaccata a breve scadenza dagli anglo-americani. Nel frattempo pesanti sacrifici venivano imposti alla popolazione, il mercato nero e la fame soprattutto. I nostri reduci, che l’avevano sofferta abbondantemente, rischiavano, con le loro famiglie, di continuare “a farla” essendosi concentrata sul raccolto del grano la sorveglianza delle autorità perché non venisse sottratta la parte della produzione da conferire all’ammasso.

Il 10 luglio, come previsto, l’odiata guerra raggiunse l’Italia. Gli anglo-americani, sbarcati in Sicilia, iniziarono la loro marcia inarrestabile verso il Nord con il sostegno di terrificanti bombardamenti a tappeto che coinvolsero il 19 anche Roma.
La situazione, divenuta insostenibile, causò la fine del Fascismo logorato da 3 inutili guerre: la conquista dell’impero, la Spagna e la 2^ mondiale voluta dall’illusione di Mussolini di sedersi da vincitore, in breve tempo, al tavolo della pace.

Le nostre forze armate subirono una serie di insuccessi e a contrastare Il nemico furono soltanto i tedeschi, che avevano intanto predisposto un piano da attuare in caso l’Italia fosse uscita dal conflitto, cosa che accadde puntualmente l’8 settembre. Il nostro esercito, abbandonato dai vertici che si erano dati ignominiosamente alla fuga, si sbandò. I tedeschi, con celerità eccezionale, catturarono 402.600 soldati in Italia, numero che arrivò a 800.000 unità con la Francia ed i Balcani. Di essi: circa 160.000 scelsero di schierarsi con il nazifascismo, dei quali 23.000 nelle SS, e 615.812 deportati in Germania dove furono rubricati sotto la sigla Imi (Internati militari italiani). In Germania vennero anche addestrate 4 divisioni destinate alla RSI: la Monterosa e la San Marco furono schierate, alla fine di luglio del 1944, sulla Riviera di Ponente, la Littorio e l’Italia, tra novembre e dicembre, rispettivamente sul fronte alpino contro la Francia e in Garfagnana.

In Grecia e nei Balcani vennero catturati i seguenti militari di Borrello: Di Fiore Antonio cl. 1914, Di Nardo Arcangelo 1921, entrambi morti in Germania, Ferrari Arturo 1919, Di Renzo Dante 1917, Evangelista Antonio 1912, Sciorilli Antonio 1915 e Antonelli Vincenzo 1912. Per quanto è dato sapere Sciorilli disertò dalla Monterosa e passò in una formazione partigiana, Antonelli, liberato dai tedeschi dalla prigionia degli slavi, restò nelle camice nere della Repubblica Sociale.

I tedeschi avevano previsto di attestarsi nella valle del Sangro, la quale era stata compresa nella linea di difesa Gustav che da Ortona raggiungeva Cassino passando per il massiccio della Maiella e i monti del Parco. A Borrello giunsero ai primi di ottobre costringendo i giovani a darsi alla macchia. Dopo un periodo di quiete ai primi di novembre, con l’avvicinarsi del fronte, intensificarono la caccia agli uomini per utilizzarli sui monti vicini nei lavori di fortificazione. In una retata incapparono: Di Fiore Michele, Di Nardo Innocenzo, Di Renzo Giuseppe, D’Arcangelo Tommaso e due giovanissimi, Festa Enrico e Puce Mario addirittura quattordicenne. Rientrarono a giugno del 1944, ad eccezione di Michele Di Fiore che rimase ucciso da una cannonata nella Val di Foro.
Questi uomini furono a tutti gli effetti dei deportati civili.
I reduci si ritrovarono in stato di guerra braccati dai loro ex camerati nei boschi e nelle campagne dove il 9 novembre vennero raggiunti dalla popolazione scacciata con violenza dalle case, che cominciarono a saltare in aria alle spalle di quelli che cercavano di prendere tempo. A distruzione avvenuta, di Borrello e di altri paesi della sponda destra del Sangro, i tedeschi si ritirarono sull’altro versante della valle. Restammo nella terra di nessuno tra le macerie, affamati ed al freddo, colpiti dalle bombe di entrambi i contendenti, fino ai primi di giugno del 1944. La guerra finì l’anno dopo e mentre da noi erano in pieno sviluppo i lavori di ricostruzione, si susseguirono i ritorni dei reduci dalla prigionia.
Alcuni di essi, purtroppo, furono attesi invano per anni dai famigliari. Molti anni dopo sono stati comunicati ufficialmente i decessi di: Di Fiore Antonio e Di Nardo Arcangelo, avvenuti in Germania, e di Palmieri Pietro nel famigerato campo di Tambov, mentre De Francesco Vincenzo, Di Luca Felice e Palmieri Armando sono stati dichiarati dispersi in Russia.

Il tributo di vite umane pagato da Borrello per le predette tre inutili guerre fu di 44 Caduti - 18 militari e 26 vittime civili – i cui nomi sono immortalati nel bronzo del Monumento eretto in Piazza IX NOVEMBRE 1943.

Settembre 2013


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