Un Percorso Turistico-Ambientale Attraverso i Luoghi Della Guerra nelle Valli del Sangro e dell’Aventino
di Riccardo D'Auro


Per quelli che non sanno, e, ahimé, sono tanti, che la seconda guerra mondiale coinvolse l’Abruzzo nel suo furibondo vento di distruzione e di morte, in particolare la provincia di Chieti, ritengo che sia utile far conoscere almeno i luoghi che vennero più colpiti. Senz’altro questo “primato” spetta alle valli del Sangro e dell’Aventino. E’ d’obbligo iniziare dalla prima dove la marcia rapida ed inarrestabile degli Alleati incontrò il primo vero baluardo difensivo tedesco. Ripercorrere gli itinerari sarebbe un’occasione molto interessante per conoscere la storia e le bellezze naturali del territorio.
Le due armate alleate, l’VIII inglese comandata dal generale Montgomery e la V statunitense dal Generale Clark, occupata la Sicilia, dai primi di agosto iniziarono la risalita della penisola, marciando, la prima, lungo la fascia adtriatica e la seconda lungo quella tirrenica. Noi ci occuperemo, quindi, dell’VIII, che comprendeva anche unità del Commonwealth britannico, nonché polacche e il corpo di liberazione francese del Generale De Gaulle costituito da truppe di colore. La resistenza tedesca diventò più consistente già sul Biferno, nelle piccole valli molisane e ancora più forte in quella del Trigno. Aveva anche l’obiettivo di dare la possibilità ai genieri della 1^ divisione paracadutisti di approntare una forte linea di difesa invernale in Abruzzo, i cui punti di forza maggiori dovevano essere le valli del Sangro e dell’Aventino. La Linea Gustav, studiata in loco dal Maresciallo Kesserling, che, da Ortona alla Maiella, agli altipiani, ai monti del Parco Nazionale, delle Mainarde e del cassinate, terminava alla foce del Garigliano. Contro di essa doveva arrestarsi, almeno per l’inverno, l’avanzata alleata.

Agli Alleati riuscì il piano di impadronirsi subito della strada statale Istonia, che attraversa l’alto Molise ed arriva sulla costa adriatica, prima che i tedeschi distruggessero i ponti. Era un mezzo importante anche perché lungo tutto il suo sviluppo si dipartivano varie strade secondarie, che raggiungevano la valle del Sangro da utilizzare, quindi, per l’invasione. L’attacco venne sferrato. Ai primi di novembre, per tre punti dalle seguenti forze: alla foce, il più consistente, dal grosso delle forze, al centro dall’8^ divisione indiana e all’altra estremità dalla 3^ brigata canadese e dalla 5^ divisione britannica.
Seguiamo lo sviluppo delle operazioni cominciando dall’estremità sinistra dello schieramento, ovvero nel territorio medio-alto del fiume, compreso tra Alfedena e la linea di confine esistente tra le provincie di Chieti e di Campobasso (allora). Territorio in cui i tedeschi dalla prima decade di novembre stavano facendo terra bruciata di tutto, ricadendo lo stesso nella larga fascia attraversata dalla precitata linea di difesa. Ben 12 comuni della fascia predetta venivano rasi al suolo sistematicamente: Alfedena e Castel di Sangro della provincia dell’Aquila; San Pietro A., Capracotta, Pescopennataro, Castel del Giudice e Sant’Angelo del Pesco di quella di Campobasso; Civitaluparella, Borrello, Rosello con la frazione Giuliopoli, Roio del Sangro e Monteferrante di quella di Chieti. Gli ultimi quattro, pur non ricadendo nella fascia di attraversamento della linea, vennero aggiunti successivamente all’elenco dell’infame ordinanaza. Forse a causa della loro posizione geografica prossima al fronte, che si trovava a ridosso della montagna di Roio, per cui il nemico non doveva trovare alloggiamenti. Una popolazione di oltre 20000 persone era destinata a rimanere senza tetto alle soglie dell’inverno.
Violenti cannoneggiamenti avevano aperto la strada agli inglesi, che erano giunti mediante la statale del Macerone, mentre i canadesi attraverso le strade di San Pietro Avellana e di Capracotta. Ai loro occhi si presentò un immane disastro di paesi ed infrastrutture. I tedeschi non si impegnarono in una difesa del territorio ad oltranza, cercarono di resistere con accanimento soltanto sul fiume per mantenere il possesso dei ponti onde consentire il passaggio dei reparti in ritirata. L’ultimo a saltare fu quello di Quadri nella notte tra il 25 ed il 26 novembre, sul quale ultimi a passare furono le guarnigioni di Guado Liscia, che rischiò l’imbottigliamento, di Borrello e dei citati comuni vicini. La ritirata avvenne senza alcuno scontro.
La liberazione di tutto il resto del territorio della sponda destra, venne completato entro la fine di novembre dalle unità scese a valle mediante le rimanenti strade trasversali dell’Istonia. I tedeschi, intanto, avevano predisposto un valido sistema di fortificazioni sul ciglione che da San Giovanni in Venere risale la sponda fino a Piane d’Archi, tenendo, in particolare, sotto stretto controllo i quattro ponti distrutti per impedire l’attraversamento sui ruderi degli stessi. La battaglia più accanita infuriò per molti giorni intorno a quello della statale adriatica in prossimità della foce, detto di zà Menga, che venne preso negli ultimi giorni del mese. I carri armati dilagarono sulla piana fino a Casoli completando la presa di possesso del Sangro; conquistarono Lanciano ridiscendendo verso il mare. La strada per Ortona era, così, aperta. Il grosso delle unità proseguirono da Fossacesia, un percorso allora difficile essendo stata costruita la variante sul mare soltanto un decennio dopo. La città venne conquistata a Natale, ma la strenua resistenza dei tedeschi non permise di proseguire verso Pescara, da dove Montgomery si era ripromesso di poter arrivare, per quel giorno di festa, addirittura a Roma!

I tedeschi per tutto l’inverno tennero il possesso della parte superiore della sponda sinistra a partire da Civitaluparella, mantenendo il collegamento con la valle dell’Aventino mediante le due strade che dal Sangro vi si dirigono: da Pizzoferrato e Gamberale al Valico della Forchetta di Palena e da Civitaluparella attraverso Montenerodomo. Subirono soltanto dei violenti cannoneggiamenti, ai quali risposero raramente, ma controllarono la sponda con continui pattugliamenti. Comminarono ai comuni soggiogati lo stesso trattamento che avevano usato con i primi; pertanto, alla lunga lista di distruzione vennero aggiunti Quadri, Ateleta, Roccaraso con la frazione Pietransieri, Roccacinquemiglia frazione di Castel di Sangro, e, infine, Scontrone. Furono spietati con i cittadini che disattesero l’ordine di sfollamento; emblematico il terribile eccidio che perpetrarono il 24 novembre in località Limmari di Pietransieri, ubicata su un costone ricadente sul fiume. Mitragliarono ben 124 cittadini alla cui memoria lo Stato ha eretto in loco un suggestivo Sacrario e conferito al Comune la Medaglia d’oro al valor militare.
I tedeschi subirono un’azione di rilievo soltanto a Pizzoferrato nella notte tra il 2 ed il 3 febbraio 1944, compiuto da 29 fanti britannici e 60 patrioti della Banda della Maiella da poco costituita. L’attacco aveva il fine di liberare il paese esercitando nel contempo una pressione sulla valle dell’Aventino. Il comandante inglese, maggiore Lionel Wigram, attaccò senza attendere l’arrivo di una colonna di paracadutisti italiani della Nembo che doveva appoggiare l’azione. Una parte del contingente tedesco presidiava il Pizzo, alloggiando in un’abitazione sita lungo la salita che porta alla sommità dove il grosso occupava villa Casati. Un errore che causò la morte dello stesso ufficiale, di un connazionale, nonché di 10 patrioti, il ferimento di sette uomini e la cattura di 34 prigionieri, di cui 22 britannici. Sortì, però, l’abbandono del paese da parte dei tedeschi che rimase presidiato da patrioti del posto, il cui coraggio ha fatto decorare il Comune di medaglia di bronzo al valore.

La strenua resistenza dei tedeschi nei dintorni di Ortona, soprattutto lungo la linea di difesa Ortona, Orsogna, Guardiagrele, bloccò anche la marcia in direzione di Chieti e rese impossibile la liberazione completa della valle dell’Aventino.
I tedeschi iniziarono a fare terra bruciata della valle qualche giorno dopo di quella del Sangro, mantenendo libero il più a lungo possibile il passaggio sulla statale Frentana per il collegamento tra il mare e gli altipiani. Molti paesi vennero distrutti: Gessopalena, Torricella Peligna, Fallascoso, Civitella Messer R., Fara San Martino, Lama dei Peligni, Taranta Peligna, Palena e Lettopalena quest’ultimo cancellato dalla faccia della terra.
Rimasero sulla difensiva controllando il territorio basso, compreso tra le due valli, meno sicuro della parte a monte dove potevano intervenire con rinforzi dagli altipiani. Ma quasi contemporaneamente all’azione di Pizzoferrato la Banda Patrioti della Maiella, nella quale erano confluiti molti partigiani della zona, con varie azioni di sorpresa, li costrinse ad arretrare. E’ qui doveroso accennare che la nascita della formazione era stata voluta fermamente dall’Avv. Ettore Troilo nel quale aveva creduto il Maggiore inglese Wigram, caduto nella sfortunata azione anzi ricordata.

Gli Alleati non presero alcuna iniziativa nelle valli del Sangro e dell’Aventino, soltanto i canadesi impegnarono il nemico sulla costa, ma con scarsi risultati. Erano sicuri che l’offensiva lanciata sull’altra estremità del fronte e lo sbarco ad Anzio avrebbero rapidamente aperto la via per il Nord, pertanto non intendevano ingrossare oltre la grave perdita di vite umane in Abruzzo. La Linea Gustav aveva assolto in pieno alla sua funzione. La ritirata generale, iniziata ai primi di giugno del 1944, continuò fino all’Appennino tosco-emiliano dove, intanto, i tedeschi avevano predisposto un secondo sbarramento invernale: la linea Gotica, che venne superata soltanto a primavera del 1945 quando fu inferto il colpo finale alla guerra di liberazione dell’Italia.

I due Cimiteri, Britannico e Canadese, siti rispettivamente a Torino di Sangro e in contrada San Donato di Ortona, restano a memoria del sacrificio di migliaia di giovani stranieri caduti per la liberazione della nostra terra.

Ripercorriamo ora i luoghi della guerra per scoprire cosa offrono dal lato turistico-ambientale, perché una visita possa essere doppiamente interessante. Sono certo che i vari itinerari suscitano oltre ad un’attenta meditazione un interesse altissimo.
Il nostro itinerario ha inizio con le località della sponda destra del Sangro. Da Alfedena, porta del Parco Nazionale d’Abruzzo e della valle del Volturno, sulla quale incombono le Mainarde; la strada prima di raggiungerla attraversa prati verdissimi delimitati da alti boschi. Ad un tiro di schioppo Scontrone su cui scende con veemenza il Sangro appena liberato dalla diga di Barrea. Da Castel di Sangro, centro operoso e nodo stradale e ferroviario molto importante dell’alta valle, seguiamo la fondovalle fino ad Ateleta. Un centro che dovette essere molto attento alle profonde riforme di Napoleone e, in particolare, del suo successore Gioacchino Murat al quale ha voluto dedicare un monumento. Vi è la possibilità di salire a Roccaraso, attraverso le sue frazioni, e di sostare al Sacrario di Pietransieri. Ma noi torniamo leggermente indietro, fino al bivio di San Pietro Avellana, sull’altra sponda del Sangro, che raggiungiamo attraversando un fitto bosco, primo di una lunga serie che andremo a percorrere. E’ un bel paese, ricostruito con un largo impiego di pietra lavorata, caratteristica un po’ di tutta la zona. Nelle sue vicinanze passa il grande tratturo della transumanza diretto in Puglia, un percorso salvaguardato dalla Regione Molise. Dall’agricoltura e dall’allevamento del bestiame deriva il commercio dei prodotti, anche del tartufo che si rinviene in considerevole quantità. Si prosegue per Capracotta, il più alto comune della valle, che ha valorizzato le sue innate qualità per gli sport invernali con la realizzazione di piste, impianti di risalita e un’ampia disponibilità ricettiva. Anche qui è molto sviluppata la produzione dei latticini. Percorrendo una strada caratteristica, sovrastata da Monte Campo e Monte San Luca, i più alti della zona, si va a Pescopennataro. Nel punto più alto si incontra, al lato della strada, una cappelletta dedicata a San Luca, un tempo annessa ad un antico eremo, che si affaccia sulla valle. Un territorio quasi interamente coperto da boschi di abeti, che, insieme alle elevate altitudini, fanno definire Pesco “la Svizzera del Molise”. Vi predominano le case in pietra squadrata mentre le rimanenti, come minimo, hanno le facciate in pietra da taglio; delle opere stupende dal lato artistico-architettonico, non a caso è questo il paese degli scalpellini, che hanno lasciato il loro segno anche all’estero. La strada qui offre la possibilità di scendere a Sant’Angelo del Pesco, che con Castel del Giudice chiude il numero dei paesi molisani ubicati sulla sponda del Sangro, oppure proseguire per Agnone che dista una diecina di chilometri. A breve distanza dall’abitato si incontrano le sorgenti del Verde che gorgogliano sotto una frescura incantevole, un luogo godibile per la presenza di numerose panche e fornelli per preparare gli arrosti. Poco oltre c’è la biforcazione per Rosello, che ci riporta nella provincia di Chieti, vicinissima a Guado Liscia il passo al quale ho accennato per la sua importanza strategica ma che non venne considerato dagli Alleati. Da qui si può andare a Capracotta, per una strada costruita nel dopo guerra, o continuare per Agnone. La cittadina è molto nota per le sue chiese ricche di opere d’arte, per l’antica e rinomata fonderia di campane, per le fabbriche di confetti e per i latticini. Facciamo, quindi, ritorno alla valle del Sangro per parlare dei 4 comuni del chietino in sponda destra.

Con un percorso di 6 chilometri, attraverso l’immancabile bosco di abeti e prati verdi popolati di mandrie di mucche al pascolo, la strada arriva a Rosello situato a 900 metri sul mare. E’ noto per la “Riserva naturale dell’abetina di Rosello” gestita dal CISDAM (Centro studi dell’abete del Mediterraneo) con una idonea sede dove si svolgono studi e congressi frequenti. Caratteristica la vecchia chiesa che domina il paese dall’alto di una roccia situata all’estremità del paese. Alla frazione Giuliopoli, ridente paesino immerso nei boschi, ricco di belle costruzioni in pietra lavorata affaccianti su una vasta piazza, si scende mediante la strada che va verso Roio del Sangro e Monteferrante, dai quali si gode un panorama eccezionale di tutta la valle che, all’altezza di Bomba, imprigiona il grande lago artificiale del Sangro. La montagna sovrastante è stata, purtroppo, deturpata dalla presenza di numerose torri eoliche, che all’orizzonte sembrano un esercito di ciclopi in marcia. I paesi di questo angolo della provincia di Chieti sono anche noti, per tradizione, per la forte presenza di personale alberghiero, che offre un qualificato contributo alla cucina nazionale e nel mondo.
Ed eccoci, infine, a Borrello per completare il nostro itinerario turistico-ambientale sulla sponda destra del medio-alto Sangro. Percorsi circa due chilometri in discesa da Rosello, al ponte del Verde, le cui sorgenti le abbiamo incontrate nei pressi di Pescopennataro, inizia il territorio di Borrello, paese che trae il proprio nome dalla bellicosa Famiglia, che agli albori del secondo millennio dominava un’ampia zona del Sangro e del Molise. Il torrente scorre, per un bel tratto di pianura coltivata, tra sponde ricoperte da una folta vegetazione, che contribuisce alla proliferazione di un ricco patrimonio ittico costituito dalla trota iridea e dal gambero rosso. Dopo precipita a valle attraverso tre cascate, un salto complessivo di circa trecento metri, riprendendo la sua corsa verso il fiume tra rupi altissime ed un bosco che copre tutto il versante; un tratto in cui è stata notata la presenza della lontra. Un grandioso scenario naturale, si può ammirare dai belvedere situati sulle sponde, protetto dall’istituzione della Riserva Regionale Cascate del Rio Verde, che dal 2008 svolge anche la funzione di Centro di educazione ambientale. A cura del Comune è stato realizzato, nella zona centrale dell’abitato, un Centro visite, con sale ed ambienti attrezzati di impianti e tecnologie informatiche di prim’ordine, gestito da giovani che accompagnano i visitatori. Un altro luogo di forte richiamo culturale è costituito dal Museo della civiltà contadina ospitato nel palazzo comunale, di fronte al quale è collocata la pregevole Lapide monumentale dei Caduti della guerra 1915-1918, opera del celebre scultore Vito Pardo. Borrello dispone anche di un notevole patrimonio boschivo percorso da strade e sentieri, provvisti di idonea segnaletica, che permettono lunghe passeggiate. E, inoltre, altri posti di forte interesse paesaggistico, quale la Porta dei Saraceni, che, dall’alto della valle, leggenda vuole avesse protetto il paese dagli assalti dei predoni. Ma a guardia del paese, allora ristretto nell’attuale centro storico, era preposta la Roccaforte de I Borrello, trasformata all’inizio del secolo scorso a sede municipale, dalla quale si protraevano due braccia di mura verso le rupi che dominano la valle. Il tessuto urbano è stato ricostruito solo in parte mentre il resto è ricoperto da ampie superfici di verde diventate Parco della Rimembranza. Il luogo è reso ancora più suggestivo dalla presenza dell’antica Chiesa parrocchiale che fronteggia un bellissimo anfiteatro realizzato sull’area della prima casa che i tedeschi fecero saltare la mattina del 9 novembre 1943. Gran parte dei 200 fabbricati distrutti sono stati ricostruiti nella zona di espansione dell’abitato. Altri posti attraggono i visitatori tra i quali la vecchia fontana – la Fond’abball – che ha ispirato il logo dell’Associazione culturale “La Fonte” promotrice, insieme alla Pro Loco, di un ricco programma estivo di interessanti manifestazioni.

Riprendiamo la nostra visita con la strada di fondovalle immettendoci a Piane d’Archi sulla vecchia strada Sangritana che con un lungo rettilineo raggiunge il mare. E’ d’obbligo fare qui visita al grande e suggestivo Cimitero Britannico di Torino di Sangro situato sulla sponda alta, che degrada sul fiume con uno straordinario bosco denominato “Riserva Regionale della lecceta litoranea di Torino di Sangro”. Gli Indiani vi prelevavano i tronchi per bruciare sul greto i corpi dei loro fratelli Caduti. Un altro luogo di meditazione è la chiesa di San Giovanni in Venere, sulla sponda opposta, i cui muri presentano profondi segni delle cannonate. Dal belvedere si gode un incomparabile panorama che spazia dai monti al mare, allora un terribile scenario di ferro e fuoco.
Da qui la vecchia statale adriatica costituirebbe un percorso interessante per raggiungere Ortona; a San Vito alto, terrazzo naturale sul mare, offre la possibilità di godere un panorama di eccezionale bellezza. Per chi già conosce la città, può limitarsi alla sola visita del Cimitero Canadese nella frazione San Donato, un altro suggestivo luogo della rimembranza. Proseguiamo il nostro itinerario lungo la dorsale Orsogna – Guardiagrele, che come abbiamo visto fu un altro punto di forza invalicabile. Orsogna, centro dalla posizione caratteristica, nota per la processione dei Talami e per aver dato i natali a Raffaele Paolucci, celebre chirurgo, Medaglia d’oro per l’affondamento, con Raffaele Rossetti, della corazzata austriaca Viribus Unitis e parlamentare famoso per varie legislature. Guardiagrele nota per il pregevole Duomo, in cui è custodita la preziosa Croce di Nicola da Guardiagrele, per il ferro battuto ed altri prodotti dell’artigianato, e, infine, per la rinomatissima pasticceria. Un forte richiamo di visitatori esercita, nella frazione Bocca di Valle, il Sacrario scavato nella roccia della “Maiella Madre”, dedicato ai Caduti d’Abruzzo della prima Guerra mondiale, i quali sono rappresentati simbolicamente dalle spoglie del Tenente di vascello Medaglia d’oro Andrea Bafile. Fu voluto dal predetto On. Paolucci, che dettò l’epigrafe scolpita nella roccia.

Ci spostiamo ora nella valle dell’Aventino, sulla quale giganteggia il massiccio della Maiella lambito alla base dal fiume, che man mano si ingrossa fino a formare il lago artificiale di S.Angelo. La sua acqua, mediante una galleria, va ad unirsi, sotto l’abitato di Altino, a quella proveniente dal bacino del Sangro dando vita alla grande centrale idroelettrica dell’ACEA. Le due grandi industrie della pasta rendono famosa nel mondo Fara San Martino, ma altre piccole industrie sono presenti in acuni centri della valle. Famose quella laniera di Taranta Peligna, nata dall’attività armentizia diffusa nel passato nella zona, e della ceramica di Palena. Il turismo qui rappresenta, però, una delle principali fonti di reddito per la presenza nel territorio di località amene tra prati e boschi di faggio. Escursioni dirette alla Grotta del Cavallone, al Guado di Coccia, alla valle del Sangro e all’area archeologica di Iuvanum. Esaltanti i percorsi sulle alte cime dei monti vicini.
Ma il richiamo più forte della valle è la presenza nel territorio di Taranta Peligna, lungo la strada statale, del Sacrario dedicato alla Brigata Maiella che custodisce la memoria dei suoi 55 Caduti, dei 151 feriti e dei 202 decorati al valor militare.

I suoi componenti, dopo la liberazione dell’Abruzzo, non tornarono ai loro paesi distrutti, ma continuarono a combattere per la liberazione completa dell’Italia. Venne subito aggregata al II Corpo Polacco del Generale Anders e alla fine delle ostilità raggiunse un organico di 1326 uomini. La gloriosa Brigata fu sciolta il 15 luglio 1945 a Brisighella, in Emilia, con gli onori alla Bandiera tributati dalle rappresentanze delle migliori unità dell’VIII Armata. La toccante cerimonia si concluse, tra un tripudio di folla, con il discorso del Comandante Tenente Colonnello Avvocato Ettore Troilo e con la sfilata guidata, così come aveva fatto in tante battaglie, dal Vice Comandante Maggiore Domenico Troilo.
La Brigata Maiella, apolitica, è stata l’unica formazione partigiana decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare. L’Avvocato Troilo per ottenerne la concessione dovette “combattere”, incredibilmente, fino all’11 febbraio 1964!

Concludiamo la nostra visita ai paesi della sponda sinistra del Sangro raggiungibili con la strada che congiunge le due valli, alla quale abbiamo più volte accennato. Si attraversa un grande bosco di faggi che termina in località Valle del Sole dove la strada si ramifica per Pizzoferrato e Gamberale. In un’ampia radura c’è la chiesetta solitaria di San Domenico Patrono di Pizzoferrato, meta di pellegrinaggi, che fino al primo dopoguerra era l’unica costruzione della zona. A rompere il mistico silenzio del posto, a mezzogiorno vi convenivano i pastori con i loro armenti per l’abbeverata. Ma dagli anni ’60 la località, appartenente ai predetti comuni, ha subito un’incredibile aggressione urbanistica: villette, condomini, supermercati, locali di svago, impianti sportivi, ecc. Una comunità rumorosa, in completa autonomia dai centri abitati comunali. Pizzoferrato si era affermato col turismo, già dagli anni ’30, per merito del cav. Vincenzo Melocchi, noto operatore nel settore, al quale Roccaraso deve in parte la sua fortuna. I villeggianti, così allora si chiamavano, a cominciare da S, E. Casati, che, attratto dalla bellezza del luogo, era venuto a costruirsi la villa sul Pizzo, vivevano in pieno e con attenzione la vita dei residenti .

Abbiamo compiuto un lungo excursus che l’autore si augura possa richiamare sempre più visitatori per ammirare questi luoghi incantevoli e meditare sulle orribili stragi e distruzioni compiute dalla guerra nel 1943-1944.


Pescara, Febbraio 2010.


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