Internati: Ultima Resistenza
di Mario Salvitti

Un giovane militare nativo di Borrello, Di Fiore Antonio, riposa, dal 1944, in un lontano Cimitero Militare Italiano d’Onore (quello di Francoforte Sul Meno – in Germania) mentre di un altro soldato pure nativo di Borrello, Di Nardo Arcangelo si ha solo notizia che abbia combattuto sul fronte Tedesco. La loro toccante storia è simile a quella di tanti altri nostri sfortunati connazionali che, durante il periodo bellico, trascorsero i loro ultimi giorni nei cupi territori del Terzo Reich.
I nazisti chiamarono i prigionieri italiani con la sigla I.M.I. (Italienische Militar Internierter), al fine di aggirare la Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra. Gli “internati”, infatti, potevano essere impiegati nei lavori (per la gran parte faticosissimi e insostenibili) e venivano anche sottratti al controllo umanitario della Croce Rossa Internazionale.
Ad occuparsi degli internati fu la Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), che già dopo qualche tempo dalla data dell’armistizio con le forze Anglo/Americane, inviò nei tetri campi di prigionia dislocati in Germania, degli ufficiali e alti gerarchi del Regime fondato da Mussolini, con il compito di tenere dei discorsi di propaganda.
I prigionieri, infatti, venivano allettati con varie promesse: continuare a lavorare in Germania, oppure combattere a fianco dei soldati della Wermatch.
Quelli che aderivano perché ormai al limite della sopportazione e per non ricevere più umilianti punizioni corporali, beneficiavano subito di un trattamento speciale di favore: aumentavano le razioni di cibo, avevano il permesso di consumare alcol e di tirare qualche boccata di sigaretta, potevano disporre di un ambiente più confortevole per trascorrere la giornata e, soprattutto, potevano sperare di poter ben presto far ritorno al proprio paese.
Ma, nonostante la diffusa propaganda, le promesse, le percosse e le minacce, la stragrande maggioranza degli internati italiani resistette dignitosamente a quelle false lusinghe, opponendo un secco rifiuto!
Ciò significò che tantissimi nostri connazionali persero la vita all’interno dei campi di prigionia, colpiti da tifo petecchiale, dissenteria, polmonite, tubercolosi ed altre devastanti malattie.
Nel mese di maggio del 1945, dopo la disfatta del III^ Reich, il suicidio di Hitler e la caduta di Berlino, la gran parte dei prigionieri italiani venne rimpatriata con dei treni speciali della Croce Rossa.
Molte migliaia di giovani, purtroppo, non riuscirono a sopravvivere.
50.000 militari italiani (su 600.000 internati) non fecero più ritorno a casa!


Marzo 2013

60° Anniversario dalla fine dei campi d'internamento

INTERNATI

La tragedia della guerra e della prigionia di migliaia di nostri connazionali


BORRELLO, Sabato, 6 aprile 2013

locali dell'ex Distilleria Evangelista, ore 18.00


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