Questo incubo quando finirà?


di Riccardo D'Auro


Il ritorno di Borrellosite, auspicato dal sottoscritto nel suo accorato “Arrivederci a presto” del 19 Gennaio 2016, è finalmente avvenuto grazie alla generosità del suo patron Mario Di Nunzio, appassionato della nostra storia locale, al quale dobbiamo riconoscenza e gratitudine.
La riapertura della “porta”, come lui la chiama, ha purtroppo coinciso con la grave epidemia di Coronavirus o Covid-19, che dalla Cina si è diffusa rapidamente nel mondo, assumendo caratteristiche e dimensioni di una straordinaria pandemia. Noi anziani sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale ai primi di marzo, periodo in cui ha aggredito con violenza inaudita le popolazioni della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna, la abbiamo paragonata ad una guerra. Scoppiata all’improvviso, senza il casus, più tremenda perché combattuta contro un nemico invisibile, inimmaginabile e cogliendoci del tutto impreparati. La situazione si è subito dimostrata catastrofica.
Ho ritenuto di fare delle considerazioni a proposito.
Le istituzioni locali hanno messo in atto con urgenza nelle città attaccate dal morbo e dai contagi, Milano e Bergamo su tutte, le misure idonee per proteggere le popolazioni attonite ed atterrite. Sembrava che la vasta disponibilità di ospedali esistenti potesse fare fronte alla grave situazione; la previsione è però risultata insufficiente, lo dimostra il numero straordinario dei decessi giornalieri crescente in misura esponenziale.
Il dilagare del virus ha fatto scattare le misure eccezionali ed inderogabili previste da un piano di difesa generale da osservare drasticamente in tutta la Nazione, il cui rispetto è di competenza delle forze dell’ordine. In primo piano il decreto del 9 marzo che istituisce la zona rossa in tutta la Lombardia e prevede: l’estensione di un cordone sanitario, la cessazione immediata di ogni genere di attività, l’obbligo perentorio di indossare le mascherine e i guanti, di rimanere tutti in casa e di conseguenza il divieto assoluto dei trasferimenti in altre regioni. I colpiti vanno ricoverati negli ospedali, da raggiungere soltanto con le autoambulanze, e per ovviare alla ridotta disponibilità dei posti letto deve essere data la precedenza assoluta agli appartenenti alle classi giovanili. Il numero dei medici e degli infermieri, i quali impegnano una lotta strenua contro questo orribile morbo pagando anche con le proprie vite, va integrato dal volontariato: gli Alpini e la Croce Rossa in primo piano.
Nelle famiglie il compito severo di controllare l’osservanza delle rigide regole precitate è delle donne, che sembrano essere investite da una “consegna”, per dirla in termine militaresco, per il superamento dell’epidemia. Il silenzio spettrale della città, soprattutto di notte, incute una opprimente sensazione di morte. I media rattristano in continuazione con immagini e bollettini che terrorizzano specialmente gli anziani, i quali vivono con i pensieri ed un cruccio sempre più assillanti. Cercano di forzare la clausura per cui di giorno in giorno crescono i litigi con le mogli, che come anzi detto assolvono al compito rigoroso di controllare la situazione. Ad ogni tentativo di rottura dell’isolamento esse rincarano i richiami facendo anche ricorso, minacciosamente, alla espressione del nostro dialetto che raccomanda in modo coercitivo di non uscire: “nen capisce pruoprie ca ’t’h’ida sté mbrevenete a la casa! …”. Ha purtroppo ragione e la mia condanna ai “domiciliari” si allunga al punto di non poter ritornare a Borrello per un sopralluogo al tetto di casa probabilmente danneggiato dalla tempesta di vento che ha colpito il paese l’11 febbraio ultimo scorso.
Ma torniamo ora ai ricordi della guerra che numerosi si sono ripresentati alla nostra mente in questi mesi di isolamento totale, facendo il paragone tra i due nemici, invisibile, questo, e pertanto oltremodo pericoloso da combattere.

Tra il primo ed il secondo anno di ostilità i bombardamenti aerei sulle nostre città più importanti divennero man mano più frequenti ed intensi. Il 25 luglio del 1943 - dopo i disastri della campagna di Russia, la perdita completa dell’Africa e lo sbarco in Sicilia del 10 - ebbe fine la dittatura fascista. La marcia delle due Armate anglo-americane si dimostrò subito inarrestabile; l’8 settembre l’Italia chiese l’armistizio e poco dopo il Governo del Sud dichiarò guerra alla Germania, i ruoli si invertirono e cominciarono per noi guai seri. Ai primi di novembre raggiunse la valle del Sangro dove i tedeschi avevano predisposto il primo sbarramento invernale: la Linea Gustav che da Ortona raggiungeva il Tirreno nei pressi delle foci del Volturno e del Garigliano. La nostra valle, in particolare la parte medio-alta, e quella dell’Aventino, dovevano avere la funzione di avamposto della predetta. I tedeschi fecero terra bruciata di 12 comuni della sponda destra (5 della provincia di Chieti, 4 di Campobasso e 3 dell’Aquila) e sostennero violenti combattimenti contro i Canadesi schierati all’estremità sinistra dell’Armata. Il 26 novembre si ritirarono sulla sponda opposta dove restarono fino ai primi di giugno del 1944 mentre i paesi predetti restarono nella terra di nessuno.
La popolazione di Borrello, che aveva subito la distruzione del 90% del suo abitato, affamata e al freddo si gettò immediatamente con la forza della disperazione ad eseguire i lavori di riparazione delle case in cui poter trascorrere l’inverno. Ebbe così inizio la ricostruzione che si protrasse per molti anni con indicibili sacrifici ed il misero aiuto dello Stato. Alla fine, il paese pagò il conto di quella guerra con 48 vittime di cui 26 civili e 22 militari morti in combattimento e per causa di servizio. Un tributo pesantissimo che insieme alle vicissitudini e ai sacrifici indelebili sostenuti, ho spesso ricordato durante questo lungo periodo di isolamento.

Abbiamo tutti noi provato sgomento per gli abitanti delle zone colpite nelle quali vivono numerose famiglie di nostri conterranei, pertanto si spera che perduri il blocco dell’epidemia nel resto dell’Italia. La tensione nervosa è sempre alta e si vive con l’ansia di uscire presto immuni da questa implacabile calamità.
A distanza di poco più di due mesi dall’entrata in vigore delle severe ordinanze governative, la guerra combattuta contro il virus con l’impiego straordinario di forze e di mezzi, giunti anche da alcuni Stati esteri, sta dando dei risultati incoraggianti. Tra queste eccellono gli Alpini; la loro Associazione Nazionale - l’ANA - è scesa in campo con tutto il suo apparato operativo, in particolare la Protezione Civile, ufficialmente il 24 marzo. Oltre alla gestione dell’emergenza Covid-19 in tutto il territorio colpito, l’Associazione ha realizzato, anche con il contributo di artigiani ed altri volontari, in un padiglione della Fiera di Bergamo, un ospedale di 142 posti. Un’opera svolta in soli 7 giorni e 7 notti, 20000 ore di lavoro senza soste.
Il risultato favorevole a cui ho anzi accennato ha consentito delle aperture sollecitate dal mondo dell’economia e del lavoro, che premono con insistenza per la ripresa di tutte le attività. La medicina ufficiale, però, è contraria perché il pieno successo appare ancora molto lontano, inoltre ammonisce che se dovesse malauguratamente riaccendersi qualche focolaio, prima che venga scoperto il vaccino, la pandemia assumerebbe dimensioni incommensurabili.
Lo Stato ha dovuto cedere a causa delle catastrofiche condizioni economiche in cui versa la Nazione ed ora che la gestione dell’emergenza è di competenza delle Regioni, si spera che le prossime riaperture vengano concesse con la massima prudenza.


Pescara, Maggio 2020



03/06/2020 19:08:09 - Mario Di Nunzio: Grazie Riccardo, per le tue gentili parole nei miei confronti e per il prezioso contributo che dai a questo sito ed alla cultura borrellana con i tuoi scritti e le tue ricerche storiche.

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