Il Movimento Franoso del Centro Storico di Borrello
di Riccardo D'Auro


I documenti catalogati nel volume “Borrello millenovecento-millenovecentocinquanta”, edito dall’Archivio di Stato di Chieti per i tipi della Casa editrice Tinari, suscitano molto interesse. In modo particolare, per chi scrive, quelli che riguardano il “Consolidamento del centro abitato e lavori pubblici”. In primo piano gli atti relativi al movimento dei massi, definiti “erratici” , su cui appoggia la parte bassa del paese antico. Un fenomeno tenuto sotto controllo dagli anni ’20 circa del 1900, intensificatosi all’inizio del decennio successivo, che gli anziani ben ricordano.
Un accenno è stato fatto dal sottoscritto nel proprio libro sulla ricostruzione¹ in riferimento al Piano di Ricostruzione, lo strumento urbanistico previsto dalla legislazione sui danni di guerra per i centri abitati fortemente danneggiati, che dava ai proprietari la possibilità di trasferire il diritto di ricostruzione in altro sito. Quello di Borrello includeva anche l’area del Piano Regolatore, un ampio comparto della zona di espansione del paese, approntato a cura e spese dello Stato in seguito all’inclusione di Borrello, con il R. D. 18.5.1933, n. 685, tra i centri abitati da trasferire perché minacciati da frane. In conseguenza del terremoto avvenuto in autunno vi furono costruiti, con estrema urgenza, quattro padiglioni antisismici, per un totale di 25 unità immobiliari, in cui trovarono ricovero altrettante famiglie rimaste senza tetto a causa della frana e del sisma stesso. Si ricorda con l’occasione che il Fascio locale, in linea con i tempi, solennizzò la posa della prima pietra (angolo di valle del padiglione centrale) con una cerimonia molto sentita: corteo, bandiere, pergamena, benedizione e discorsi. Un avvenimento speciale perché nell’appalto erano comprese anche le opere primarie di urbanizzazione, limitate alla rete fognaria, del Piano Regolatore.
Le aree di risulta delle case colpite dalla predetta calamità, site soprattutto nella parte bassa rivolta a nord-est, erano state livellate e pavimentate a cura e spese dello Stato. Detti spazi risultano chiaramente rappresentati nel “Progetto di rinascita ideale del centro storico”
I documenti in esame ci aiutano a conoscere meglio l’evolversi di questa grave calamità naturale che tenne in forte apprensione gli abitanti di gran parte del rione predetto. Lo Stato era già intervenuto con “lavori di consolidamento delle frane minaccianti l’abitato” eseguiti dall’Impresa Sammarone Michele (di Giuliopoli), con contratto del 20.12.1921. Lo si evince dalla richiesta 9,6.1928 di pubblicazione degli avvisi ad apponendum, un adempimento necessario per gli atti di collaudo dell’opera. Dalla durata dei lavori si presume che doveva trattarsi di un’opera importante, sicuramente quella realizzata nel versante sud-ovest, che consisteva nella costruzione di una grande briglia posizionata al piede dello scoscendimento che si riversa sulla contrada Cese, zona chiamata “sotto la porta”. Oltre alla funzione di sostegno aveva quella di raccogliere, mediante un sistema di drenaggi, le acque superficiali dell’impluvio, e, soprattutto, quelle, canalizzate con una serie di pozzetti provenienti dal “lago delle Vicenne”. Era quello il luogo che noi ragazzi chiamavamo “le fundaziune”, dove, alternavamo i giuochi alla lavorazione della creta per fabbricare oggetti di coccio. La complessa e razionale opera è stata resa inutilizzabile nel tempo dalla continua discarica di materiali fatti precipitare dalla famosa “Grotta”, soprattutto quelli di risulta provenienti dagli sgomberi nel dopo guerra; un’azione scriteriata che senz’altro ha arrecato nocumento alla stabilità del suolo. Concludendo, non è da escludere che i lavori di cui agli “avvisi” riguardino una parte, ovvero di un lotto, dell’opera descritta, che gli anziani ricordano di essere stata realizzata dall’Impresa Terreri Giulio di Pescopennataro.
Le cose peggiorarono col passare degli anni e a risentirne di più furono i fabbricati abbandonati dagli emigrati.
La situazione precipitò nel 1929; risale, infatti, al 10 settembre di quell’anno la prima preoccupata segnalazione podestarile fatta al Prefetto, seguita dal rapporto redatto dal Comandante interinale della Divisione Carabinieri di Chieti in data 3 marzo 1931, diretto al Genio Civile e al Provveditorato alle OO.PP. L’Ufficiale nel ribadire la pericolosità del fenomeno di assestamento segnalato dal Podestà, che era stata confermata da una successiva constatazione dei danni, poneva in risalto l’urgenza dei lavori e la mancanza dei mezzi del Comune per affrontare la spesa necessaria per un idoneo intervento quantificata in £ 600.000, delle quali disponibili soltanto £ 12.000 per l’esecuzione dei saggi. Sollecitava, infine, i necessari accertamenti per poter rimediare alla gravità della situazione. In ottemperanza a quanto riferito l’Ingegnere Dirigente del Genio Civile il 25 di detto mese inoltrò una relazione dettagliata al superiore Provveditorato assicurando di aver disposto con urgenza lo sgombero della zona minacciata e la chiusura al culto della Chiesa Parrocchiale. Inoltre espresse il parere che allo stato attuale del fenomeno qualsiasi intervento di impermeabilizzazione superficiale del suolo sarebbe risultato inutile, come lo era la fognatura di emungimento e smaltimento delle acque di filtrazione costruita nella zona franosa. Prospettò, infine, la necessità di una visita locale del superiore Ispettore.
Seguì la relazione d’istruttoria di detto Ufficio, datata 28 agosto 1931, sulle perizie relative ai danni alluvionali di febbraio causati alle strade interne e all’edificio scolastico, degli importi rispettivi di £ 20.300 e di £ 34.300, annesse alla domanda 17.8.1931 di richiesta del sussidio statale. Nel confermare i danni, soprattutto il cedimento del muro longitudinale di valle dell’edificio scolastico, faceva presente “che il Comune è già compreso tra quelli da consolidare a cura e spese dello Stato e che sono in corso le pratiche per ottenere il parziale spostamento dell’abitato” esprimendo, infine, il parere favorevole all’accoglimento delle domande.
Il 18 novembre 1932 venne segnalato al Prefetto il crollo di altri due fabbricati a causa delle piogge insistenti. Nella nota il Podestà ripercorreva, inoltre, la grave vicenda di cui era vittima il paese vecchio: il crollo di molte case, il pericolo per altre e la trasmigrazione della popolazione, un disastro che dava l’impressione di un terremoto appena avvenuto. Invocava, inoltre, provvedimenti urgenti per sgombrare le macerie ed impermeabilizzare le aree di risulta con idonea pavimentazione in modo da limitare le cause del movimento del sottosuolo.
Le continue segnalazioni, le petizioni e un Promemoria del 7 aprile 1933, con annesso elenco dei fabbricati ripartiti secondo il grado di danneggiamento, portarono all’emissione, nel mese successivo, del decreto precitato, che sanciva l’inclusione della zona franosa di Borrello nell’elenco degli abitati da trasferire. Nel Promemoria suddetto figuravano ben 103 fabbricati danneggiati, di cui 60 crollati (54 dei quali appartenenti ad emigrati e a proprietari che disponevano di altre case) e i rimanenti, distinti in pericolo “imminentissimo” ed “imminente”.
La situazione, che aveva risentito in ottobre del “terremoto della Maiella”, fece classificare il Comune “zona sismica di I^ categoria” ed ottenere l’assegnazione delle nuove costruzioni alle quali è stato accennato in esordio. Il terremoto fortunatamente non fece danni, causò soltanto il crollo di qualche casa pericolante. I Tecnici del Genio Civile - il cui valoroso compito è stato trasferito al roboante organismo della Protezione civile onnipresente anche negli eventi trascurabili - dichiararono che la conformazione cavernosa del sottosuolo aveva, molto probabilmente, agevolato la fuoriuscita dell’onda d’urto evitando così la sollecitazione dei massi. Fu quella anche l’occasione buona per appaltare i lavori di sistemazione delle aree sulle quali insistevano i fabbricati crollati o pericolanti, gara vinta dall’Impresa locale Spagnuolo e D’Auro. I lavori riguardavano la demolizione di molte case pericolanti e il conseguente spianamento delle aree sulle quali insistevano, la costruzione di muri di sostegno e pavimentazione delle strade per disciplinare le acque piovane. La Direzione dei lavori fece eseguire anche delle opere di monitoraggio del suolo e di talune strutture campione, quali: piazzole e mensole di sostegno per filo a piombo, vetrini spia, ecc. Un sistema molto elaborato era costituito da un cavo metallico teso tra la casa di Di Luca Vincenzo in Piazza Plebiscito ed il Palazzo municipale dove un grosso peso di calcestruzzo, legato all’estremità, scorreva in un occhiello metallico. Le misurazioni di controllo venivano effettuate periodicamente.
Nell’elenco dei fabbricati danneggiati figuravano il vecchio municipio e l’edificio scolastico di Piazza Plebiscito, quest’ultimo della consistenza di tre aule, nato dalla trasformazione della Chiesa di Santa Lucia avvenuta in occasione dell’istituzione delle classi terza e quarta elementare. Una lettera della raccolta, diretta alla Prefettura in data 20.4.1931, ci informa del mutuo di £ 15.700 relativo a detto edificio; tale somma costituisce, oltre ad altri di diversa entità, il credito dell’Impresa Spagnuolo (Domenico) appaltatrice dei lavori. Forse questi riguardavano opere di modifiche o di manutenzione straordinaria. Quindi, il Comune si trovava, per uno scherzo del destino, a dover pagare dei lavori che stavano andando in rovina.
La scuola venne trasferita nel piano rialzato del Municipio e nel mentre si brigò per ottenere la sua ricostruzione. Dal carteggio a disposizione si evince sia l’approvazione del progetto di un edificio di pari consistenza da costruire a totale carico dello Stato coi benefici per l’edilizia scolastica ed asili, sia lo sviluppo della vicenda che ne seguì.
Caso volle che l’appalto dei lavori fosse vinto anch’esso dall’Impresa di famiglia e consegnati il 17 giugno 1942, mentre la guerra era in pieno svolgimento. E’ molto interessante la corrispondenza sul ricovero antiaereo, ossia se ne fosse dovuta o meno la costruzione nell’opera, secondo le prescrizioni di legge allora vigenti. I lavori, sospesi il 9 dicembre a causa della stagione invernale e ripresi il 4 maggio 1943, furono definitivamente sospesi, a norma della circolare n. 3 del 28 luglio 1943, per lo stato di guerra. Lo stato finale accertò che i lavori eseguiti si limitavano alla costruzione del piano rialzato dell’edificio.

Il Ministero dei LL.PP. Nel dopoguerra espresse parere contrario alla ripresa dei lavori, previo aggiornamento dei prezzi, decidendo per la risoluzione del contratto, che avvenne il 2 aprile 1947 e alla quale il 5 dello stesso mese fece seguito il certificato di ultimazione dei lavori.
Il 16 aprile 1947 il Genio Civile approvò la perizia dei lavori di ricostruzione dell’edificio scolastico distrutto dagli eventi bellici, della consistenza di due piani e sei aule, dell’importo di £ 7.800.000. In detta cifra erano compresi il corrispettivo dei danni di guerra subiti dalla scuola ospitata nel palazzo comunale e la somma residua, rivalutata, del contratto risolto. Ma, come risulta dal verbale di urgenza del 2.2.1948, vediamo che il suddetto importo verrà elevato a £ 10.000.000 e la voce di spesa cambiata in “Opere a sollievo della disoccupazione”.
L’Impresa Gaspari Armando di Pescara risultò vincitrice della gara di appalto, ma i lavori, per un motivo affettivo, con un accordo bonario vennero eseguiti dall’Impresa Mario D’Auro.

Dagli atti a disposizione vediamo che la lunga vicenda dell’appalto dei lavori originari dell’edificio scolastico di Borrello si concluse, a seguito di un esposto dell’Impresa sulla mancata definizione della riserva iscritta sul registro di contabilità il 3.3.1948, con l’emissione del certificato di regolare esecuzione dei lavori avvenuta soltanto in data 25 febbraio 1964. L’Impresa lo firmò richiamando la stessa riserva attinente al mancato pagamento della somma relativa ai materiali approvvigionati in cantiere, suscettibile di rivalutazione ed interessi. Cosa che non avvenne non avendo il Direttore dei lavori allora provveduto alle contro deduzioni e, soprattutto, in linea col proprio stile professionale, per non aver ritenuto l’Impresa D’Auro di ricorrere all’arbitrato.


Pescara, Aprile 2009.


1 “Tornano le rondini, Memoria sulla ricostruzione in Abruzzo – Sigraf, Pescara 2001.
2 Riccardo D’Auro (a cura di): “60° Anniversario della guerra in Abruzzo e Molise…” - Sigraf, Pescara 2005


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