I Figli di Borrello (tratto da “I Figli di Borrello: storia dell’anno mille”) di Angelo Ferrari
Il libro di Angelo Ferrari sulle imprese dei Borrello dal
titolo “Feudi prenormanni dei Borrello tra Abruzzo e Molise” è stato
pubblicato a gennaio 2007 e può essere richiesto via internet
direttamente all’editore UNI Service, Via Verdi 9/A, 38100 Trento;
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1. Introduzione
..... A partire dal 568 gran parte dell’Italia fu invasa dai Longobardi, questi erano scesi nella penisola con intere tribù che si erano fuse e in parte sostituite alla popolazione locale, in pochi decenni il loro insediamento era praticamente completato.
Successivamente i Franchi, chiamati dal Papa, vennero in Italia con la loro aristocrazia e i loro eserciti, non avevano al seguito le moltitudini di un esodo, per questo la loro vittoria sui Longobardi portò ad un avvicendamento delle famiglie dominanti, senza che venissero intaccate sostanzialmente le radici del popolo, che restavano longobarde e contadine. Infatti Carlo Magno, battuto il re longobardo Desiderio nel 774, iniziò quel processo che per molti decenni vide i principi longobardi sostituiti da nobili franchi.
Tra la fine del 900 e l’epoca dell’unificazione dell’Italia meridionale ad opera dei Normanni la stirpe franca dei Figli di Borrello si affermò su un vasto territorio chiamato Terra Borrellense comprendente a grandi linee la attuale diocesi di Trivento.
Borrello è il nome della famiglia di origine franca che occupò il territorio tra il medio Sangro e l’alta valle del Trigno, dando ai propri domini una indipendenza di fatto e una storia che si emancipano dai territori longobardi del Ducato di Spoleto a Nord e del Principato di Benevento a Sud.
L’attuale comune di Borrello deriva il suo nome dal capostipite della famiglia dei Conti di Sangro e a partire dal 1060 viene indicato come Civitas Burrelli. Essendo una roccaforte militare di confine condivise l’ascesa, la potenza e il decadimento della Terra Borrellense e della famiglia che la dominava. .....
2. Le origini
..... La Cronaca Volturnense cita che i Borrello discendono da Valva, cioè dalla antica Sulmona, cosa significa?
Nel 926 Ugo di Arles, Conte di Provenza scese nella nostra penisola, nello stesso anno, superato il contrasto con Rodolfo, fu incoronato re d’Italia e mantenne il regno fina al 946. Tra le elargizioni concesse ai giovani nobili del suo seguito infeudò Berardo il Francico della Provincia dei Marsi comprendente, oltre l’Aquilano, il Reatino, Aminterno, Forcona e Valva, cioè Sulmona. Berardo il Francico, figlio di Manerio di stirpe franca, fu il primo Conte ereditario della Provincia dei Marsi.
Verso il 950 uno dei figli di Berardo il Francico, Oderisio, fu infeudato del Contado valvense (Sulmona) con il titolo di Oderisio I Conte di Valva. Questi aveva quattro figli Beraldo, Teodino, Oderisio soprannominato Borrello e Randuisio. Alla morte del padre, avvenuta verso il 1004, i figli gli successero esercitando il governo collegialmente, come era consuetudine dell’epoca nella Provincia dei Marsi.
Qualche tempo dopo verso il 1010 fu inaugurato nella località di Pratocardoso il monastero di San Pietro de Lacu fondato da San Domenico. Presenziarono all’evento i conti di Valva Beraldo, Teodino e Randuisio: il monaco Alberico, cronista dell’evento non cita il quarto fratello, Oderisio detto Borrello, che nel frattempo aveva sposato Ruta figlia di Pietro. D’altra parte la Cronaca Volturnense circa l’identità dei nomi che ricorrono nelle genealogie valvense e borrellense non fa dubitare della discendenza di Oderisio Borrello dai Conti di Valva, quindi questi non poté intervenire alla fondazione del monastero perché si trovava altrove: era già passato a dominare nel Contado di Trivento.
Quali sono le motivazioni per cui Oderisio Borrello abbandonò il Contado di Valva per assumere il possesso del Contado di Molise? E quali le ragioni che legittimarono la nuova situazione?
Berardo il Francico, Conte dei Marsi, aveva avuto tra gli altri un figlio di nome Randuisio al quale nel 992 i Principi di Benevento di stirpe longobarda avevano concesso in feudo il Contado di Trivento, tra il Trigno e il Sangro; gli successe Berardo Conte di Trivento e alla sua morte intorno al 1004 si ebbe l’estinzione della famiglia.
In questo periodo Oderisio Borrello fu chiamato alla successione nel Contado triventino dai Principi di Benevento ai quali esso apparteneva. La motivazione è la seguente. Oderisio Borrello I aveva sposato Ruta, questa aveva una sorella di nome Aloara che era Contessa di Spoleto ed aveva sposato Pandolfo Capodiferro Principe di Benevento, inoltre aveva un fratello di nome Ademaro che possedeva Capua. Ora i Principi di Benevento si impadronirono di Capua costringendo Ademaro a ritirarsi nel territorio di Teate (Chieti) e nello stesso tempo chiamarono Oderisio Borrello I alla successione nel Contado di Trivento come compenso alla famiglia di Aloara, cognata di Borrello I, per averne scacciato un rappresentante, Ademaro, dalla città di Capua. Il Contado veniva concesso con la più ampia libertà governativa e amministrativa e veniva assicurato il non intervento delle autorità di Benevento nelle questioni locali: era una indipendenza di fatto. .....
3. Borrello I
..... Risiedeva con sua moglie Ruta e due dei suoi quattro figli, Giovanni Borrello e Oderisio Borrello che sarebbe diventato Conte di Sangro, nel castello di Petra Abbondante. Aveva altri due figli: Randuisio che sarebbe stato infeudato del territorio di Roccasicone e Borrello II che aveva sposato Gervisa figlia di Oderisio Conte dei Marsi e sarebbe diventato Signore di Anglone (Agnone).
Intorno al 1014 Borrello I, detto anche il Maggiore, conquistò i castelli e le rocche posti a Sud del Sangro, compreso l’attuale comune di Borrello e per alcuni anni si dedicò a rafforzare le nuove posizioni acquisite.
Nel 1020 si acuirono i contrasti tra i Principi di Benevento e i Bizantini, ancora in possesso di Puglia e Calabria, i quali aizzavano il Principe di Capua Pandolfo IV, sempre bramoso di nuovi territori, contro il Principato di Benevento. Pandolfo si sentiva protetto, oltre che dall’alleanza con Bisanzio, dal fatto che suo fratello Atenolfo era abate di Montecassino, uno dei maggiori potentati economico-religiosi dell’Italia Meridionale. A questo punto il Papa Benedetto VIII, preoccupato per la piega che stavano prendendo gli avvenimenti nel Sud dell’Italia, chiese all’imperatore tedesco Enrico II di scendere nella penisola contro i Bizantini e i loro alleati. Subito l’abate Atenolfo fuggì da Montecassino per dirigersi verso la costa adriatica da dove contava di imbarcarsi per Costantinopoli, prese la via del monastero di San Vincenzo al Volturno e attraverso Cerro entrò nella Terra Borrellense. Borrello I gli mandò incontro cavalieri armati che lo scortarono fino al proprio castello di Petra Abbondante dove accolse Atenolfo con generosa ospitalità. Con questo gesto egli si proponeva di sottolineare l’indipendenza di fatto del proprio territorio dai Signori di Benevento per i quali in effetti era molto problematico controllare una lontana terra di confine, ricca di boschi e gole e cosparsa di rocche pressoché imprendibili.
L’imperatore? Era in Germania.
L’anno seguente però, nel 1021, l’esercito imperiale superava le Alpi e puntava speditamente verso Sud, questa mossa sorprese Borrello I che, senza troppi indugi, risolse che Atenolfo non era più un ospite gradito, quindi ingiunse all’abate di lasciare immediatamente il paese e lo fece sollecitamente scortare verso l’Adriatico da dove lo sfortunato partì per l’unico paese amico che gli restava: Costantinopoli. Alcuni giorni dopo l’ambasceria di Borrello I si sottometteva al Cardinale Poppo che comandava l’esercito imperiale. Pandolfo IV fu incatenato e condotto prigioniero in Germania, Capua venne riconsegnata a Pandolfo di Teano e solo la repentina partenza dei militari tedeschi, richiamati in patria, salvò Borrello I e la Terra Borrellense dalla disfatta.
Nel 1024 mentre si trovava lontano dalla sua terra durante l’assedio di Capua, descritto in seguito, Borrello I fu colpito da una grave malattia che lo rese in parte paralizzato, fu riportato nel suo castello di Petra Abbondante dove era solito abitare. Nella consapevolezza dell’approssimarsi della morte e nell’incertezza per il destino della propria anima, con pio slancio religioso, volle compiere un’azione degna che ripagasse le violenze che aveva seminato un po’ ovunque nel corso della propria esistenza. Nel 1026 fondò il monastero di San Pier d’Avellana e lo donò a San Domenico di Sora (o di Cocullo).
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Le illustrazioni rappresentano, in ordine: guerra franco-longobarda; guerrieri franchi; cronaca volturnense; l'Italia dell'anno 1000
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