RICORDO DI FELICE PALMIERI
di Riccardo D'Auro


Un altro alpino di Borrello è “andato avanti”: Felice Palmieri, classe 1923, il più giovane dei “Veci”, già nostro Capogruppo, al quale è stata “assegnata” la stagione che più si attaglia a chi ha avuto l’onore di appartenere al glorioso Corpo degli Alpini!
Felice, non ancora ventenne, il 9 settembre 1942, rispose alla chiamata alle armi. Era stato preceduto da due fratelli, uno di stanza nei Balcani, e l’altro, già reduce dalle Campagne di Albania e di Grecia, dove era stato decorato con la Croce di Guerra, era partito da poco con la Julia per la Russia. Un caso emblematico: tre fratelli in guerra, mentre il loro genitore, combattente della Grande Guerra, era stato da poco congedato dal servizio di pattugliamento costiero svolto nella Milizia Territoriale. Raggiunse la Toscana con assegnazione al 2° Rgt. di Artiglieria contraerea e fu subito inviato a Firenze per frequentare, presso l’Istituto Galilei, un corso di specializzazione al tiro con le nuove armi di difesa utilizzabili anche contro gli attacchi di altro genere. Lo superò con ottimo profitto come pure altri che gli permisero, in breve, di conseguire la promozione a C.M.
Rientrato a Borrello, dopo l’8 settembre, visse la terribile tragedia che si abbatté sul paese, la quale, oltre alla distruzione della casa, provocò alla sua famiglia la perdita del nonno paterno e della madre, uccisi, rispettivamente, dallo scoppio delle mine e dalle cannonate. Allora non era possibile piangere i propri morti e oltremodo difficile portarli al Cimitero per il rischio delle fucilate e della cattura, un’incombenza che, per ovvi motivi, spettava ai familiari che dovevano anche sottoporre il feretro all’ispezione delle sentinelle. Mentre era intento alla ricostruzione della casa Felice, nel gennaio del 1945, venne di nuovo precettato e a piedi, con la neve, dovette raggiungere il Distretto Militare di Chieti. Fu destinato a Trani, da dove proseguì per Brindisi, presso i centri di raccolta e di formazione dei reparti del ricostituendo Esercito. Inquadrato nel Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.), nel giro di pochi giorni si ritrovò al fronte, nei pressi di Faenza, aggregato al 2° Corpo Polacco. Nel settore si trovò a contatto con alcuni conterranei della Brigata Maiella, senza incontrare, però, gli altri due commilitoni di Borrello che erano stati richiamati prima di lui: Remo Spagnuolo e Cleto Bordoni. Dai primi di aprile partecipò alle operazioni di sfondamento della Linea Gotica e al successivo inseguimento delle truppe tedesche in ritirata.
Finita la guerra, il C.I.L andò a costituire l’ossatura portante del nuovo Esercito e i reparti alpini presero subito posizione sul confine Nord-Orientale, una frontiera ”ballerina” sottoposta alle continue minacce degli iugoslavi. E Felice, di stanza a Remanzacco, si ritrovò a svolgere quel massacrante servizio, col grado di sergente, nel Btg. Tolmezzo del 9° Rgt. Alpini fino al congedo avvenuto il 17 giugno 1946. Due anni e mezzo di servizio di tutto rispetto, un contributo che, con altri giovani, aveva dato alla Patria in un momento oscuro, ma che era servito per conquistare la stima e la fiducia degli Alleati. Un servizio di cui era orgoglioso potendosi ritenere uno dei reduci più giovani.
Felice Palmieri mi aveva raccontato le sue vicende in occasione della mia collaborazione, per la parte riguardante il Gruppo di Borrello, alla stesura del libro “Alpini oltre l’aurora” di Mario Salvitti, approntato per la celebrazione del settantennale della Sezione Abruzzi e dedicato ad Antonio Festa. Della sua figura mi ha colpito di più l’aspetto umano, il bene per il prossimo, che traspaiono da alcuni episodi di cui fu protagonista, da solo o col suo reparto. La pietas per i prigionieri sottratti a fatica alla popolazione minacciosa; l’orrore per ogni tipo di violenza, anche se giustificata dal codice di guerra, per la guerra fratricida, per la caccia all’uomo da parte di sedicenti partigiani assetati di vendetta. Una guerra particolare combattuta da fratelli che si erano ritrovati in schieramenti opposti e che Felice, in fondo, non aveva troppo amata, soprattutto quando fu sul punto di trascendere in guerra civile.

Il 17 gennaio Felice è andato a ricongiungersi con la grande Famiglia degli Alpini nella quale avrà ritrovato suo fratello Armando disperso nella steppa sterminata. Oppure per questo eroico Giovane dovrà “… sopravvivere la flebile speranza …” di un improbabile ritorno?
Addio, Felice, dai tuoi amici del Gruppo di Borrello.


5 Febbraio 2004


Riccardo D’Auro


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