L’elettricità e le attività conseguenti a Borrello
di Riccardo D'Auro



Le passeggiate notturne fatte d’estate con gli amici per le strade del paese spesso costituiscono un motivo per rievocare cose del passato: la vita che vi si svolgeva, le persone, gli avvenimenti, le botteghe, i servizi pubblici, ecc. Uno degli ultimi temi: l’illuminazione delle strade, un servizio ricordato ora soltanto da pochi anziani.
Il sistema di illuminazione più antico fu assicurato dai lampioni a braccio, alimentati a petrolio, che erano fissati sulle pareti dei fabbricati in corrispondenza degli incroci. Nelle due piazze principali del paese a partire dal 1912 fecero bella mostra tre caratteristici lampioni di ghisa, con basamento verticale, funzionanti ad acetilene, donati dagli Emigrati d’Argentina,
Il servizio di accensione era assicurato da “le lambiunare”, l’ultimo dei quali, ze Minghe, conservò la qualifica come soprannome. Gli subentrò, per il risparmio sul costo di gestione, ze Angelenecole, la Guardia comunale. Per regolamento l’addetto, munito di un’apposita scaletta, doveva provvedere, dopo il tramonto, a mettere nel dispositivo la quantità di combustibile bastevole fino alle prime luci dell’alba.
E’ immaginabile quanto potessero illuminare fiammelle del genere, per di più situate a considerevole distanza l’una dall’altra!

Nel 1926, finalmente, arrivò la luce elettrica.

A provvedere alla distribuzione dell’energia e alla illuminazione pubblica fu la Società “Gaetano Evangelista & C.”, composta dal titolare, da Alfonso Ranalli e Lucia Di Liscia, subentrata al marito Lorenzo Annecchini, perito tragicamente. L’avvenimento fu celebrato il 13 giugno, ricorrenza della festa del Patrono, con una cartolina ricordo. L’energia proveniva dalla centrale elettrica di Quadri tramite una linea che proseguiva per Castiglione Messer Marino. La grande innovazione consentì alla Società di promuovere il rinnovamento delle modalità di esecuzione di alcune attività: la trebbiatura del grano, un mulino a due palmenti sito in via Silvio Spaventa a lato della “ Sciucrarella”, e un’azienda per la produzione di materiali inerti per l’edilizia. Infine, sopra al mulino, con un opportuno collegamento, il proprietario nonché socio, Lorenzo Annecchini, gestiva in proprio un pastificio.
Per gli appassionati di “Archeologia industriale” si aggiunge che questa ultima attività nacque il 4 gennaio 1929 da una combinazione societaria tra la predetta azienda elettrica, l’Impresa Spagnuolo & D’Auro, rappresentata da Domenico Spagnolo, Riccardo D’Auro, e Antonio Palmieri di Carmine, che fu denominata “Ditta Spagnuolo D’Auro & C.”. Il capitale sociale era costituito da un fabbricato di due piani edificato in contrada Cerroni su un terreno di 20 are, acquistato dalla già citata vedova Annecchini, confinante anche con la strada provinciale; da una coppia di frantoi azionati da un motore elettrico di 15 Kw e da una trebbiatrice. Le spese per l’acquisto del terreno, della trebbia, del motore e per la costruzione del fabbricato, furono sostenute in parti uguali da tutti i soci, mentre l’acquisto dei frantoi fu sostenuto per metà da Spagnuolo e D’Auro e per l’altra metà dalla Società Elettrica.

Ma questa industria ebbe una durata molto breve. La causa occasionale fu l’arrivo in paese dell’elettricità prodotta da una nuova centrale sorta in territorio di Civitaluparella. Era stata realizzata dall’aggregazione di numerosi operatori originari dei centri limitrofi, tra i quali Raffaele Palmieri di Borrello, e capeggiata da un Ingegnere milanese ideatore e progettista dell’opera. I parametri tecnici, di gran lunga superiori a quelli della centrale di Quadri, provocarono il passaggio di numerosi utenti ad una nuova azienda di distribuzione subito costituita da un gruppo di operatori locali. Alla Società “Gaetano Evangelista & C.” fu giocoforza cercare una qualsivoglia alleanza con i sopravvenuti, una cooperazione alla quale l’Impresa Spagnuolo & D’Auro non intese aderire per occuparsi esclusivamente di appalti di opere pubbliche.

Tra i due gruppi si addivenne all’accordo e il 9 aprile 1930 fu costituita la S.p.A. “Società Elettriche Riunite di Borrello”. Qui mi soccorre il Bollettino Ufficiale delle Società per Azioni del Ministero delle Corporazioni del 17 luglio 1930, un importante documento rinvenuto da Aldo Annecchini tra vecchie carte del suo nonno materno Costantino Palmieri, figlio del suddetto Raffaele, il quale giovanissimo aveva collaborato alla gestione della nuova centrale.
Inoltre risulta che la Società era composta da 9 soci con un capitale sociale di £ 263.000 diviso in 526 azioni di £ 500 cadauna. Azioni per la maggior parte pagate con il controvalore dei beni societari ceduti da ciascuno dei due gruppi. Il cospicuo pacchetto di azioni della “Gaetano Evangelista & C.”, costituito dall’intero capitale sociale, fu valutato 266 azioni. Come già accennato, questo consisteva nel frantoio per pietrame (fabbricato di due piani e macchinario), nella metà della linea elettrica proveniente dalla centrale di Quadri (il resto era di proprietà dell’Ing. Iavicoli di Castiglione Messer Marino, località servita dalla stessa centrale), nella rete di distribuzione completa degli accessori di funzionamento, nel macchinario del mulino a due palmenti prodotto dalla Camplone di Pescara e, infine, nella trebbiatrice Mais Suzzara con battitore di cm. 60. I beni ceduti dal secondo gruppo, equivalenti a complessive 260 azioni, comprendevano un fabbricato fatiscente di due piani sito sul Colle della Fonte con terreno attiguo incolto di are tre, la rete elettrica e la linea di alimentazione proveniente dalla centrale di Civitaluparella.
Segue l’elenco nominativo dei soci con il corrispondente numero delle azioni possedute: Gaetano Evangelista n. 89, Alfonso Ranalli n. 88, Lucia Di Liscia ved. Annecchini n. 45, Antonio Palmieri n. 44 (tutti provenienti dalla ex “G. Evangelista & C.”), Antonino Di Iorio n. 87, Nicola Palmieri n. 44, mentre Vincenzo Vitullo, Giovanni Di Fiore e Raffaele Palmieri con n. 43 azioni cadauno.

La Società Borrellana svolse un lodevole servizio di distribuzione dell’energia elettrica proveniente da entrambe le nominate centrali nel citato fabbricato di Colle della Fonte, in cui venne trasferito il mulino predetto. La sfarinatura del grano fu migliorata con l’acquisto di un moderno cilindro, un servizio qualificato che richiamava anche numerosi utenti dei paesi vicini. All’esterno la trebbiatrice continuò il suo lavoro che durava quasi tutta la stagione estiva. La paglia residua veniva utilizzata per alimentare una “calcara” di calce allestita lungo il fianco del colle.
La distruzione del paese, avvenuta nel novembre del 1943, determinò anche la fine della Società Borrellana, una laboriosa attività durata solo pochi anni. Trascorremmo molti mesi al buio al termine dei quali rientrò in funzione soltanto la centrale di Quadri. Quella di Civitaluparella non fu ricostruita per la realizzazione della grande derivazione delle acque del Sangro, assentita al forte gruppo industriale facente capo alla SME di Napoli. La maggioranza dei soci, che erano stati colpiti duramente anche dalla perdita del patrimonio personale, riunita in assemblea, alla fine di quel terribile anno, sulle rovine del centro aziendale decise lo scioglimento dell’attività. Per somma disgrazia sul folto gruppo, visibile sulla neve, i tedeschi spararono dei colpi di mortaio che colpirono alcuni di loro.

Il servizio assicurato alla meno peggio in forma ridotta andò avanti per qualche anno ancora, finché non subentrò la UNES, che venne assorbita negli anni ’60 dall’ENEL.

Questa Azienda e le altre citate, oltre alle numerose attività artigianali presenti, avevano fatto di Borrello un paese imprenditorialmente evoluto. Il profondo cambiamento dei tempi, l’emigrazione ed altre cause provocarono il decadimento del florido sistema economico della comunità.

Concludo facendo notare che nei miei libri vi sono molti riferimenti all’argomento trattato.


Estate 2011


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