RICORDO DI ENRICO DI LUCA
di Riccardo D'Auro


Questo “Ricordo di Enrico Di Luca”, scritto a giugno del 2004, non è apparso su borrellosite perché utilizzato da Generoso D’Agnese per il suo articolo sulla rivista italo-americana "Oggi 7" intitolato “Enrico Di Luca - il padre del chip elettronico”, riprodotto dal site nel dicembre successivo con una mia introduzione. (i testi dell'articolo e dell'introduzione citati sono riportati in coda - n.d.r.). Spiegavo che per esigenze redazionali l’autore aveva omesso degli interessanti riferimenti relativi al periodo precedente l’emigrazione, aggiungevo anche che avevo scritto un profilo di Enrico nel mio libro sull’emigrazione in fase di ultimazione. Procedendo ora al riordino de “I Ricordi” ho ritenuto, per la completezza dell’informazione su questo illustre concittadino, di pubblicarlo apportando anche qualche lieve modifica.

L’emigrazione dei nostri concittadini per l’America, iniziata negli ultimi decenni del 1800, si diresse maggiormente verso l’Argentina. Ma negli anni ’80, quando negli Stati Uniti iniziò il processo di industrializzazione, per il quale c’era bisogno di un numero enorme di lavoratori, molti borrellani vi furono attratti dalle maggiori possibilità di guadagno e di occupazione in ogni campo. Il flusso migratorio era stato di proporzioni più limitate per molti fattori, quali la richiesta di lavoratori qualificati, la disponibilità del domicilio presso persone già residenti, le difficoltà di ambientamento e della lingua. Comunque, prima e dopo la grande guerra un buon numero di borrellani approdò negli States, anche se in seguito la politica del Fascismo fu restrittiva verso l’emigrazione in genere.
Nel secondo dopoguerra molti giovani intravidero la possibilità della rinascita di Borrello soprattutto nell’emigrazione verso gli Stati Uniti. Ma fu un sogno a causa di regole ancora più restrittive, che permettevano soltanto il ricongiungimento delle famiglie con i loro cari diventati nel frattempo cittadini americani. Una delle prime ad approfittarne fu la famiglia di Palmino Di Luca, che era composta da sei persone: la moglie, Enrico e due sorelle, la prima delle quali vedova con due bambine. Ma a lasciare Borrello nel 1947 furono soltanto Enrico e la madre, che raggiunsero Boston, dove il capofamiglia si era stabilito dopo vari soggiorni in altre città e vi lavorava come chef d’hotel. Molti valenti cuochi della zona del Sangro - ricca per tradizione di personale alberghiero specializzato - operavano allora in quella città e nei dintorni, tra di loro alcuni borrellani. Emblematico il caso dei tre Fratelli Vincenzo, Argentino e Giovanni Palmieri e del loro cognato Lorenzo Palmieri, che poi divenne suocero di Enrico Di Luca.
Palmino, espatriato nel lontano 1913, era tornato varie volte a Borrello, occasioni in cui aveva costruito una bella casa ed acquistato dei buoni terreni, in parte dati a mezzadria e in parte curati dal padre e dal suocero, che assicuravano alla famiglia di che vivere. Un patrimonio di cui sperava di godere i frutti copiosi dopo il pensionamento. Anche Enrico, che con la sorella minore studiava a Lanciano, durante le vacanze aiutava i nonni, soprattutto quello materno, Domenico, di mestiere falegname. Erano dei benestanti ai quali la guerra, nel mese di novembre del 1943, distrusse case ed averi e, come se non fosse bastato, mentre si trovavano rifugiati alla macchia, una mina uccise il povero vecchio per il quale Enrico nutriva un grande affetto. Ne raccolse il corpo dilaniato e lo portò al cimitero. Da quel momento il peso della famiglia ricadde tutto sul giovane, appena diciassettenne, e sulla madre le altre responsabilità.
Della grande e comoda casa era rimasto soltanto un angolino in cui era impossibile trovare posto tutti; mancavano, inoltre, i viveri necessari per la sopravvivenza. Decisero, di conseguenza, che vi sarebbero rimaste le vecchie nonne, che peraltro non erano in grado di affrontare un lungo viaggio nella neve, mentre il resto della famiglia sfollò a Gissi presso dei parenti. Enrico, con lo zaino pieno, anche con la neve tornava spesso a Borrello per assistere le poverine e sgombrare le macerie per recuperare qualcosa di utile. Era un giovane forte e non si spaventava di fronte a quelle fatiche che presentavano anche delle insidie.
Intanto, Enrico cominciò a pensare di riprendere gli studi e ai primi di giugno del 1944, appena completata la liberazione dell’Abruzzo, la famiglia si trasferì a Lanciano. Con il solo aiuto di un professore di lettere affrontò la preparazione dei programmi di seconda e terza liceale riuscendo a conseguire la maturità classica a giugno del 1945 e a classificarsi tra i migliori diplomati di quel Liceo. La ripresa dei contatti con il capofamiglia migliorò la situazione, che gli permise di iscriversi al Corso di Laurea in Chimica presso l’Università di Roma e di iniziare i lavori di ricostruzione della casa. Nel 1946 la famiglia Di Luca, alla quale si era unita la prima figlia con le proprie bambine, rimasta vedova a causa di un tragico incidente occorso al marito, concluse finalmente la sua odissea facendo ritorno a Borrello. Il viaggio a piedi di Enrico e della madre fu singolare avendo dovuto condurre con loro una capra che continuò a produrre il buon latte per i bisogni della famiglia.
Affrontarono tutti con grande entusiasmo la difficile situazione, sicuri di poterla gestire agevolmente. Enrico, sacrificandosi al massimo, lavorò su più fronti e trovò anche il tempo da dedicare allo studio. Ma la ricostruzione, sebbene di una parte, della casa, la ricostituzione dei beni familiari, il sostentamento di tante persone e le spese per la frequenza dell’Università, divennero un’impresa che sfuggiva loro sempre più di mano. Pertanto, lui e la madre si convinsero a desistere e nel 1947, cedendo alle insistenze pressanti di Palmino, che, invero, li voleva tutti con sé, partirono per Boston. Soffrirono entrambi: la madre, che aveva saputo svolgere il ruolo di capofamiglia e il giovane perché costretto dalle vicissitudini a rinunciare ad un futuro sicuramente ricco di soddisfazioni. Il loro fu un addio tristissimo, altrettanto per le donne che li seguirono dopo alcuni anni.

La partenza dei Di Luca ebbe un carattere particolare nella storia dell’emigrazione del nostro paese. Non si trattava, infatti, di persone che andavano in cerca di fortuna, ma di una famiglia, che, per effetto della stessa emigrazione aveva raggiunto il benessere svanito a causa della guerra. Per cui il rimpianto per il passato fu enorme. Fu un addio tristissimo, ma ognuno, in cuor proprio, nutriva la speranza della rinascita in una grande Nazione che offriva illimitate possibilità ai volonterosi.

Enrico si trovò a Boston con un bagaglio culturale sorprendente per quei tempi ed anche con qualche esame fatto. Nei primi due anni, senza trascurare lo studio, si dedicò a vari lavori impegnandosi a fondo nell’apprendimento della lingua ritenuto fondamentale per accedere alla facoltà di Chimica di Boston che frequentò dal 1949 al 1951. Fu costretto ad interrompere il corso per prestare servizio nell’esercito fino al 1953, evitando per fortuna la guerra di Corea. Dopo il congedo si sposò con Domenica Palmieri, una ragazza che era giunta da Borrello negli Anni ’30. Riprese gli studi presso la Northeastern University e si laureò nel 1957. Erano trascorsi dieci anni durante i quali Enrico Di Luca confermò le sue qualità straordinarie e la forza di volontà eccezionale che gli permisero anche di integrarsi completamente nel nuovo Paese.
Svolse la sua brillante carriera di Chimico in industrie prestigiose che sostennero un ruolo di primo piano nella storia dei computer e nel programma della conquista dello spazio. Trenta anni, dal 1957 al 1987, di attività manageriale trascorsi tra la RCA, la DATA GENERAL e la CERAMICS PROCESSORS, i cui particolari si possono leggere nell’articolo di D’Agnese. Un curriculum ricco di soddisfazioni che quando me lo inviò fece esclamare al figlio Paul: “…pensare che tutto è iniziato in un paesino chiamato Borrello!”.

Poteva finalmente godersi con la moglie il meritato riposo e le gioie della bella e numerosa famiglia composta da quattro figli, tutti laureati, e molti nipoti.
La nostalgia di Borrello non lo abbandonò mai. Insieme alla moglie vi ritornò una prima volta nel 1974 e si meravigliò della rinascita e dell’espansione del paese che lui ricordava ancora sommerso da un mare di macerie. Ripercorse a piedi le strade ed i sentieri che conducevano alle campagne che erano appartenute alla sua famiglia, provando un immenso dolore nel luogo dove aveva trovato l’orribile morte il nonno. In ognuna di esse volle raccogliere una pietra che collocò, ad imperituro ricordo delle proprie radici, nel prato della sua casa americana.
Volle tornarvi nel mese di agosto del 2002, accompagnato dalla moglie, da Paul e da una giovanissima nipote, aderendo quasi ad un richiamo soprannaturale che aveva prevalso sul male che lo affliggeva da qualche tempo. Trascorse alcune belle giornate in compagnia di parenti ed amici ostentando un’assoluta tranquillità perché non fosse di peso ad alcuno. Anche quella fu una prova della sua incredibile forza di volontà.
Espresse appagamento e grande soddisfazione per aver potuto compiere quel viaggio in una lettera, che si può definire il suo testamento spirituale, giunta poco prima che la sua fortissima tempra cedesse.
Enrico fu di esempio per gli amici che vissero con lui quell’epoca così travagliata, i quali lo ricorderanno per la sua dedizione ai valori della vita che seppe coltivare anche nella sua Terra di adozione.


Riccardo D’Auro - Pescara Giugno 2004 – Marzo 2011


Enrico Di Luca nel 1947 arrivò, con la famiglia, a Boston dove lavorava il padre da alcuni decenni. Giovane intelligente e volonteroso, tra gli orrori della guerra e le incredibili vicissitudini della ricostruzione, aveva trovato anche il tempo di diplomarsi e di iscriversi al 2° anno del Corso di Laurea in Chimica presso l’Università di Roma.
In America in dieci anni di duri sacrifici riuscì a integrarsi, impadronirsi della lingua, adempiere al servizio militare, lavorare, sposarsi e conseguire la laurea presso la Boston University. Dal 1957 al 1983 lavorò nelle due più importanti industrie di computer del Paese, come ricercatore e progettista, nonché come manager negli ultimi anni. Perfezionò il procedimento di fabbricazione del dispositivo di memoria - il memory core - predecessore dell’attuale chip di silicio e conseguì anche alcuni brevetti. Queste strumentazioni sono state utilizzate nell’ambito del Progetto Apollo e sono tuttora funzionanti sulla Luna. Dal 1983 al 1987, data del pensionamento, lavorò in un’industria produttrice di materiali ceramici speciali che, per conto della NASA, realizzò le famose mattonelle del rivestimento termico dello Space Shuttle. Insomma, Enrico può essere considerato uno dei padri del computer e di altre moderne tecnologie.
Chi scrive ha trattato di questo ed altro nel volumetto sull’emigrazione dei borrellani nel Nuovo Mondo, in corso di completamento, in una scheda dedicata ad Enrico Di Luca .
Perché si possa conoscere negli USA la straordinaria e prestigiosa carriera scientifica percorsa dal nostro emerito concittadino, ho pensato di fornire all’amico Generoso D’Agnese, che scrive per la stampa americana, gli elementi utili per inquadrarne la figura. Ne è sortita una sintesi efficace pur mancando, per esigenze redazionali, interessanti riferimenti al periodo precedente l’emigrazione.

Pescara, dicembre 2004

Riccardo D'Auro

Enrico Di Luca, Il padre del chip elettronico
di Generoso d'Agnese

Era una famiglia tra le tante, a Borrello, quella dei Di Luca. La tragedia della guerra aveva spazzato via sogni e case, vite e speranze e tutti cercavano un appiglio per riprendere il cammino interrotto dalle bombe e dai cannoni. A differenza di altri però Enrico e le sue due sorelle avevano negli Stati Uniti il loro padre Palmino, emigrato fin dal lontano 1913 e diventato nel frattempo un apprezzato chef nei migliori ristoranti d'Hotel del paese.
Il viaggio avvenne nel 1947, (grazie alla clausola che permetteva solo il ricongiungimento dei nuclei familiari e piccolissime quote di immigrazione annuale. L'America vittoriosa della Seconda Guerra Mondiale aveva chiuso definitivamente le porte al grande sogno di tanti disperati per lasciare il posto al Venezuela, all’Argentina, al vicino Canada e alla lontanissima Australia. Enrico e sua madre, la sorella nubile, la sorella vedova e le sue due figlie raggiunsero Boston per trovarvi altri compaesani di Borrello, quasi sempre specializzati nel campo della ristorazione. Dietro di loro si lasciarono solo macerie. Degli ottimi terreni acquistati dal padre, della bella casa non restavano che miseri resti, sopravvissuti alla distruzione e al saccheggio tedesco. E nel cimitero giaceva anche il nonno, dilaniato da una mina e ricomposto dal giovanissimo Enrico divenuto adulto suo malgrado a soli 17 anni.
Quello che giunse nella fredda città del Massacchussetts era un ragazzo temprato dalle fatiche e con una preparazione scolastica invidiabile per i tempi. Durante i difficili anni della guerra e dello sfollamento, Enrico aveva infatti continuato a studiare e si era iscritto alla Facoltà di Chimica ma a Boston era indispensabile conoscere la lingua inglese e il giovane di Borrello dedicò i primi due anni della sua vita americana all'apprendimento e al perfezionamento della stessa. Trovò anche lavoro. Nel 1949 era pronto per iscriversi alla Boston University, stessa facoltà di chimica. Gli studi vennero interrotti nel 1951 per due anni: c'era la divisa ad aspettare l'italiano e una guerra all'orizzonte.
Per sua fortuna Enrico Di Luca evitò la Corea e, diventato cittadino americano, dopo il congedo sposò Domenica Palmieri, una ragazza giunta da Borrello negli anni '30. Ripresi gli studi alla Northeastern University, il giovane si laureò nel 1957 per poi intraprendere una brillantissima carriera nell'alveo di prestigiose industrie, che diedero il loro essenziale apporto nella storia dei computer e della conquista dello spazio.
Fu la RCA - Radio Corporation of America - di Newton, Massachussetts, a beneficiare delle ottime intuizioni del chimico arrivato da Borrello. Di Luca si distinse nelle ricerche inerenti la fabbricazione di computer di prima generazione. Inventò e perfezionò il procedimento di fabbricazione del dispositivo di memoria delle macchine; il memory core, ovvero il "papà" dell'attuale chip di silicio, per il quale ottenne vari brevetti e diritti d'autore. Il lavoro alla RCA impegnò il ricercatore fino al 1971. In quell’anno infatti la prestiqiosa sigla chiuse i battenti, obbligando i suoi dipendenti a cercarsi nuovi sbocchi professionali. Di Luca trovò impiego alla Data General di Westboro, sempre in Massachussetts, e nell'azienda continuò a perfezionare le sue memorie, sulle cui basi venivano fabbricate negli stabilimenti in California, Corea e Taiwan. Ebbero un'importanza notevole i congegni mnemonici brevettati Di Luca e trovarono una fondamentale applicazione nel progetto Apollo. Le sue memorie hanno viaggiato nello spazio e sono arrivate sulla Luna, dove tuttora restano perfettamente funzionanti.
Altro cambiamento essenziale nella vita professionale arrivò nel 1983. Il ricercatore si trasferì infatti alla Ceramic Processors di Watertown, un'Industria specializzata nella produzione di materiali ceramici speciali.
Di Luca vi portò la sua ottima e approfondita conoscenza della materia e, come manager, sviluppò la produzione, per conto della NASA, delle famose mattonelle del rivestimento termico degli Space Shuttle. Il pensionamento arrivò nel 1987 a coronamento di una straordinaria avventura professionale. I continui sacrifici, l'abnegazione totale ai propri sogni, gli fecero raggiungere traguardi di primissimo piano e il vertice di aziende di grande prestigio. E gli permisero di vivere anche una vita familiare tranquilla, punteggiata dalla nascita di quattro figli, tutti laureati, e di numerosi nipoti.
Enrico Di Luca non visse mai soltanto in funzione del "suo" sogno americano. Il paese di nascita non cessò mai il suo richiamo e, per diverse volte, lo studioso vi ritornò per ripercorrere i suoi gesti adolescenziali. Nel 1974 ritrovò un paese completamente cambiato e a ricordo delle sue emozioni, raccolse varie pietre che depositò, a memoria perenne, nel suo prato di casa. Il suo ultimo viaggio arrivò nel 2002. Con moglie, figlio e nipote tornò ancora per le strade del paese e rivide i superstiti della sua infanzia ricca di esperienze. Morì poco dopo il suo rientro a Boston, per chiudere silenziosamente una vita all'insegna dell'operosità. Il suo ingegno era arrivato sulla Luna, viaggiava nello spazio e raccoglieva encomi: il suo cuore era rimasto sempre in Italia!


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