I Repubblicani di Borrello nell'Ottocento
di Angelo Ferrari

Pensando alla storia di Borrello, in epoche relativamente recenti, affiora costante la tendenza, oggi assai diffusa, a considerare le contrade della valle del Sangro simili a entità isolate, povere, talvolta abbrutite, culturalmente sterili, avulse dalla vita sociale e politica di ampio respiro: in una parola “addormentate”. Ciò è profondamente errato forse perché, in maniera superficiale, proiettiamo verso il passato, accentuandole, carenze e debolezze del presente, senza per altro conoscere a fondo la situazione storica e culturale delle generazioni che ci hanno da poco preceduto.
Nel 1864 si verifica un evento che coinvolge alcuni cittadini di Borrello e assume una valenza sorprendentemente positiva per capire quale fosse il loro livello culturale, il loro impegno sociale e la loro partecipazione attiva alle vicende nazionali.

Nel 1863 Giuseppe Mazzini incaricò l’avvocato genovese Federico Campanella, patriota mazziniano e garibaldino, di fondare un giornale che diffondesse in Italia la propaganda repubblicana. Il giornale si chiamò Il Dovere, con cadenza settimanale e diffusione in tutte le regioni del Regno d’Italia, ma incontrò sin dall’inizio l’ostilità degli organi di governo preposti alla censura. La monarchia dei Savoia infatti non poteva tollerare la divulgazione di idee e messaggi repubblicani, però allo stesso tempo non si poteva intervenire troppo energicamente su un giornale che insieme alle idee di Mazzini diffondeva anche il pensiero del popolarissimo Garibaldi. Tuttavia per ostacolare il giornale genovese il governo mise in atto una serie di censure che raggiunsero la massima frequenza nel corso del 1864, quando molti abbonati cominciarono a ritenere che Il Dovere fosse stato addirittura chiuso.
A questo punto il direttore del giornale Federico Campanella lanciò un appello a tutti i lettori, i quali aderivano al settimanale tramite una associazione, per un “Soccorso alla Libera Stampa”, iniziativa che si prolungò per alcuni mesi con buoni risultati. In tutta l’Italia i sostenitori che contribuirono mediante versamento di denaro al sostegno economico de Il Dovere furono 680 e appartenevano a quasi tutte le regioni della penisola. L’aspetto sorprendente è che ventidue sostenitori si trovavano in Abruzzo e di costoro nove, poco meno della metà, vivevano a Borrello: Diomede Simonetti 2 lire, Antonio Palmieri 1 lira, Vincenzo Palmieri 1 lira, Remigio Carusi 1 lira, Lucia Salvi 1 lira, Innocenzo Spagnuolo 1 lira, Alessandro d’Auro 1 lira, Giovanni Elisio 1 lira e Annibale Simonetti 1 lira.
Una analisi più in dettaglio mostra come il maggior numero di contributi a Il Dovere pervenne dalla Sicilia (184), dalla Lombardia (119), dall’Emilia Romagna (96), dalla Puglia (56), ecc., ma intere regioni come l’Umbria, la Sardegna il Lazio, la Basilicata, il Veneto e altre, inviarono un numero di contributi inferiori a quelli che giunsero al giornale dal solo centro di Borrello.
Questo episodio testimonia come in passato, neppure troppo lontano, il comune di Borrello era un centro attivo, fin troppo, interessato e partecipe della vita della regione e della nazione, nonostante il fenomeno riguardasse la parte della popolazione più colta e benestante. Viene spontaneo chiedersi come facessero nove cittadini di Borrello a sapere che a Genova era stato fondato un giornale di tendenza repubblicana e ad abbonarsi al settimanale l’anno stesso della sua prima uscita nel 1863 e soprattutto come facessero a riconoscersi in quelle idee repubblicane così all’avanguardia e così in anticipo sui tempi.
Se si osserva il numero dei sostenitori si nota che essi erano più numerosi nelle regioni periferiche, lontane dal potere centrale monarchico come ad esempio la Sicilia e la Puglia e in questa ottica il caso Borrello costituisce una interessante eccezione che meriterebbe una più approfondita riflessione. Riflessione che potrebbe estendersi fino alle uccisioni dei cinque borrellani ad Altino, avvenute più di mezzo secolo prima, quando furono assassinati personaggi che, come dimostra l’episodio de Il Dovere del 1864, avrebbero potuto anch’essi essersi eccitati all’arrivo nel meridione d’Italia delle nuove idee repubblicane dei Francesi.
Ma chi erano a Borrello i sostenitori del giornale mazziniano Il Dovere?
Innanzi tutto don Diomede Simonetti arciprete della parrocchia di Sant’Egidio, che alcuni anziani, scomparsi alcuni decenni fa tra i quali mia nonna Maria Domenica Rago, ricordavano per il fatto che il sacerdote aveva insegnato loro a recitare la Salve Regina in lingua latina. Tutti costoro lo citavano con orgoglio pur ammettendo di non comprendere gran che di quella lunga filastrocca. Remigio Carusi era un notaio che aveva ricoperto anche il ruolo di Consigliere nel Decurionato (Consiglio Comunale) del Comune di Borrello. Annibale Simonetti era un valente agrimensore, era stato più volte nominato nelle liste del Decurionato cittadino con funzioni di Consigliere e a volte anche di Segretario Comunale. Nella sua funzione di perito agrario svolse un importante ruolo nella misurazione delle terre demaniali del Comune che nel corso dell’ottocento vennero distribuite ai contadini poveri del paese, durante l’attuazione della legge sull’eversione feudale. Alessandro d’Auro nel 1864 era anche egli un consigliere del Decurionato di Borrrello con funzioni di Segretario Comunale e ebbe parte attiva nelle questioni relative alle aste per la ripartizione delle terre demaniali. Purtroppo relativamente agli altri sostenitori repubblicani di Borrello non ci sono al momento ulteriori citazioni.
Per completezza vengono di seguito elencati gli altri contributi abruzzesi che furono elargiti da: De Titta Tito di S. Eusanio (L. 10), Gargazelli Giuseppe di Chieti (L. 10), Stella Tomaso di Pescara (L. 5), N. N. di Pescara (L. 5), Papa Antonio e C. di Giulianova (L. 5), Ricciardelli Nicola di Sulmona (L. 20), Caniglia Mariano di Rivisondoli (L. 1), Carlini Emidio dell’Aquila (L. 5), Zimei Quintino dell’Aquila (C. 5), Liberi Federico dell’Aquila (C. 5), Costantini Francesco dell’Aquila (C. 5), Cialli Fedele dell’Aquila (C. 5), Cellentani Lodovico dell’Aquila (L. 1).
Dopo questa brevissima esposizione la prima considerazione che risulta evidente è che a Borrello la popolazione, o almeno la parte di essa più intraprendente, non era affatto sonnacchiosa e estranea ai movimenti sia politici che culturali che attraversavano i centri maggiori della regione, anzi cercavano di farli propri se pur in ambito locale. Inoltre a ben considerare i personaggi abbonati a Il Dovere di Genova costoro vanno collocati all’interno della piccola borghesia di Borrello la quale, movendo i primi passi dai cambiamenti conseguenti alla distribuzione delle terre comunali e baronali, era proiettata verso più redditizie attività commerciali. Un vero peccato però che la maggior parte della popolazione non ne venisse coinvolta e che fosse attanagliata da problematiche ben più pressanti: la fame, l’analfabetismo, l’ignoranza, la povertà.
La posizione della nuova borghesia di Borrello, affermatasi nella prima metà dell’ottocento, aveva tratto i maggiori vantaggi dall’applicazione della legge sull’eversione feudale a scapito del baronato e dei signorotti locali e, sempre più bramosa, spingeva oltre le proprie ambizioni aderendo a quell’idea secondo la quale nel meridione d’Italia non si erano certo dati un gran da fare solo per passare da una monarchia all’altra, per giunta straniera come quella dei Savoia. L’aspetto sorprendente è il come le idee repubblicane, all’indomani dell’unificazione italiana nel 1861, fossero nel 1863 già così saldamente radicate in un piccolo centro come Borrello.
In particolare quest’ultima considerazione, come già accennato, potrebbe offrire uno spunto interessante per approfondire questo atteggiamento anche per quanto riguarda i cittadini di Borrello massacrati ad Altino. Infatti nel 1864, il versamento più significativo a favore de Il Dovere fu effettuato dal prete don Diomede Simonetti e ciò testimonia come il clero delle contrade del Sangro non fosse insensibile nei confronti di cambiamenti anche radicali. Si potrebbe ipotizzare che qualcosa del genere possa essersi verificato anche nel 1799 quando a Borrello venne decapitato, pressoché totalmente, il corpo ecclesiastico il quale potrebbe aver fatto proprie le nuove idee repubblicane francesi, quando i tempi non erano ancora maturi e non lo sarebbero stati neppure per tutto il secolo successivo.


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