L'Ultimo Banditore
di Marcello Antonelli


…Tuuu, tuuu, tuuu…, “è arrivaaato il calzolaio, ha portaato un grande assortimeento, si trova in piaazza” … tuuu, tuuu, tuuu, …Era questo quello che in qualche mattinata di molti anni fa si poteva udire per le strade del paese, e che io udivo nelle mie mattinate tra le mura domestiche mentre mi preparavo ad affrontare la scuola o le spensierate giornate estive. Questi annunci, che non riguardavano solo l’arrivo del calzolaio ma anche l’interruzione della fornitura idrica o elettrica, le sedute del consiglio comunale, e vendite varie, venivano fatti da Napolione Ferdinando, uno degli ultimi, se non l’ultimo, banditore.
Già, il banditore, una figura che i lettori più giovani non conosceranno, ma che nei paesi e nelle città era di fondamentale importanza per diffondere notizie di “avvenimenti” a carattere locale, molto tempo fa, quando la posta elettronica e i telefoni cellulari non esistevano e “l’annuncio vocale” era l’alternativa al manifesto che, magari, data l’impellenza dell’avvenimento e il fatto che non tutti sapessero leggere, non sempre poteva essere usato.
Zë Ferdinand, come veniva chiamato da noi ragazzi anteponendo il “zë” al nome di tutte le persone di una certa età in una sorta di “antico rispetto” (usanza raccontata anche da Pirandello nel racconto “La Giara”), di mestiere faceva il fabbro e il maniscalco, altre due “arti” che si stanno “perdendo”. Ma, più che cavalli, ferrava i muli e gli asini dei contadini o dei venditori di legna da ardere, che usavano questi animali per portar fuori dalla boscaglia la legna tagliata e il “mestiere” di banditore serviva come arrotondamento per i guadagni della sua piccola bottega di artigiano.
Chiaramente l’annuncio o gli annunci andavano diffusi “a tappeto”, questo implicava il girare a piedi tutto il territorio paesano. Probabilmente, per la vicinanza alla sua bottega, zë Ferdinand partiva con la diffusione de “lë bbuonë”, come veniva chiamato in dialetto il bando, dalla zona vecchia del paese e, passando per la piazza del municipio, la “carènnë” e “nnièntë a lë cafè”, arrivava a “lë casette nòvë”. Anche le vicinanze de “lë Colle de la Fondë” erano interessate dalla diffusione ma, vuoi per l’esiguo numero degli abitanti della zona, vuoi perché andando avanti con gli anni queste passeggiate erano sempre più faticose, così come il tono di voce che non era più quello dei tempi migliori, quella zona negli ultimi bandi fu tralasciata.
Ancora oggi quando ripasso davanti a dove era la sua bottega mi sorprendo a ripensare alla sua attività ma, più che pensare al Fabbro penso al Banditore e a volte (forse anche adesso mentre sto scrivendo), il suono della “trombetta” che precedeva l’annuncio vocale è ancora vivo nella mia mente… tuuu , tuuu, tuuu.


Giugno 2010.


Nota bibliografica: Per la scrittura dei termini dialettali ho fatto riferimento alla “Raccolta di voci del dialetto di Borrello” di Gaetano D’Auro. La "ë" non si pronuncia nella lingua parlata.


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