Breve storia del Gruppo Alpini di Borrello di Riccardo D'Auro
Contributo al libro celebrativo del 70° anniversario della Sezione Abruzzi
Il 9 novembre 2002 nella Sala Bernardiniana dell'Aquila è stato presentato dalla Sezione Abruzzi il volume celebrativo del 70° anniversario della sua fondazione (1929 - 1999) : "ALPINI VERSO L'AURORA" di Mario Salvitti, Direttore editoriale de "L'Alpino d'Abruzzo". Un libro di notevole interesse, non solo per il contenuto, ma anche per la forma originale di scrittura, per il subentro, nella seconda parte, di ben 150 Autori diversi che hanno scritto la storia di tutti i Gruppi della Regione, ognuno quella del proprio. "Una preziosa testimonianza del glorioso passato degli Alpini abruzzesi" secondo la definizione del Presidente della Sezione. Nella prima parte Salvitti ripercorre con cura dieci anni - 1989 - 1999 - di vita associativa sezionale, ispirata soprattutto alla solidarietà con tutte le popolazioni colpite da ogni calamità sul suolo nazionale ed all'estero.
L'opera è dedicata al Dott. Antonio Festa - S.ten. Medico di complemento, Presidente della Sezione dal 1998 al 2000 - che ne è stato il suo ardente ideatore e che, purtroppo, non l'ha potuta vedere compiuta. Le belle ed incisive parole, "Al coraggioso ed indimenticabile Antonio Festa", riescono a dare l'immagine precisa della vita, pure se così breve, di questo sfortunato giovane. Tra le numerose iniziative che hanno caratterizzato la sua dinamica presidenza, sicuramente la più importante è stata la costituzione dell'unità alpina di Protezione Civile con la quale ha partecipato ad importanti interventi. Significativi segni del suo temperamento li abbiamo avuti anche durante i lunghi anni in cui fu Capogruppo di Borrello.
Borrello può a ragione definirsi "Terra di Alpini" avendo molti suoi figli, già nella prima Guerra Mondiale, fatto parte delle gloriose Divisioni Alpine che si sacrificarono per la completa redenzione del suolo italiano. Purtroppo il ricordo di quei valorosi si limita a pochi nomi. Il primo Caduto fu il C. M. Pietro Palmieri, classe 1891, che fu colpito il 17.8.1915 nelle trincee dell'alto Backer, nei pressi delle Cime di Lavaredo. I suoi Resti mortali furono restituiti alla giovane vedova ed alla sua figlioletta nel 1924. Commilitoni più fortunati furono il Capitano medico Annibale Beviglia e gli alpini Raffaele Di Benedetto, Orlando Di Luca, Vincenzo Simonetti e Antonio Antonelli.
Alla Guerra d'Abissinia parteciparono con la Divisione Pusteria - 11°Rgt., Btg. Work Amba" - cinque baldi giovani del 1913, uno dei quali, Domenico Di Liscia, fu colpito a morte al Passo Uarieu. Gli altri - Pietro Festa, Giuseppe Puce, Michele Spagnuolo e Pietro Viola - poterono gioire della conquista dell'Impero. Il buon Michelone vi restò fino al 1937 con la Compagnia Genio collaborando alla realizzazione di molte opere stradali in cui lasciò la sua testimonianza di valente maestro scalpellino, Aveva guadagnato la Croce di Guerra per aver compiuto atti di valore nelle battaglie del Tacazzè-Axum e del Tembien. Lo colse il mal d'Africa e la dichiarazione di guerra, il 10 giugno del 1940, lo trovò in Libia, dove restò fino all'ultimo giorno delle operazioni. Al rientro in Patria fu inviato in Francia dove rimase fino all' 8 settembre concludendo oltre 10 anni di servizio attivo.
Numerosi alpini parteciparono alla Seconda Guerra Mondiale e soltanto due di essi non fecero ritorno: il Serg. Magg. Armando Palmieri ed il Serg. Pietro Palmieri, classi 1918 e 1913. Già reduci delle Campagne di Albania e di Grecia, il più giovane era stato decorato di Croce di Guerra il 15.11.1940 nella località greca di Goritza S. Anastasio, vennero inviati in Russia. Due storie parallele le loro - 9° Alpini, Battaglione L'Aquila, servizio presso il Comando divisionale della Julia - che si disgiunsero nel momento della ritirata. Stesso sfortunato atto di altruismo che ciascuno di essi compì, separatamente, offrendo ad un subordinato il proprio posto sui camion di testa della colonna, i soli mezzi che riuscirono a svincolarsi dalla sacca. Il silenzio calò sui due Sergenti finché, dopo 55 anni, nell'estate del 1998, non è giunta la notizia della morte di Pietro, alla figlia Teresa che non lo aveva conosciuto, avvenuta a Tambov il 10 maggio 1943. Le sue ossa riposano, confuse tra mille altre, in un Sacrario che è stato eretto nel vicino bosco di Rada a ricordo degli innumerevoli prigionieri italo-tedeschi periti nel Campo n.188. Per il povero Armando continua ancora a sopravvivere la flebile fiammella della speranza dei suoi famigliari. Scamparono alla drammatica ritirata: Francesco Festa, Gaetano Evangelista e Giuseppe Evangelista, rispettivamente delle classi 1913, 20 e 21, tutti del Btg. L'Aquila. Feriti e con i piedi congelati, riuscirono a trascinarsi fino ai piccoli ospedali da dove li avviarono agli ultimi treni. Peppino ebbe la fortuna dalla sua parte perché, dimenticato in una stanza tra i feriti più lievi, casualmente venne raccolto all'ultimo momento. Fecero la tremenda e disperata marcia del ritorno, ma non insieme, Domenico Di Luca, "alpino" per antonomasia, e Giuseppe Palmieri, fratello dello sfortunato Pietro. La sorte avversa li aveva divisi nel momento cruciale della ritirata e inutili e pericolose furono le sue ricerche durante quel terribile ed interminabile calvario, eppure lo sentiva vicino.
Gli Alpini di Borrello diedero il loro contributo di sacrifici e di sangue anche alle Campagne di Albania e di Grecia, il cui ordine cronologico è stato qui posposto per evitare citazioni ripetitive. Oltre ai due Sergenti già citati, vi parteciparono: Eliseo Di Benedetto e Enrico D'Orfeo, classi 1914 e 1920, entrambi con le estremità congelate, il Serg. Giovanni Rago, cl.1916, che dalla Pusteria era transitato al Battaglione abruzzese della novella Julia e Donato Nelli.
Il più giiovane alpino che ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale è stato il Serg. Felice Palmieri, classe 1923. Venne richiamato a gennaio del 1945 ed inviato sulla Linea Gotica aggregato al 2° Corpo Polacco. Finita la Guerra di Liberazione rimase a presidiare, con il Btg.Tolmezzo dell' 8° Alpini, fino a luglio del 1946, la frontiera orientale diventata punto caldo e di massima frizione tra i due blocchi. Felice, appartenente ad una famiglia che aveva offerto alla Patria i servigi di altri due figli, uno dei quali, il già citato Armando, disperso, era stato sottratto alla ricostruzione della casa nel momento di maggiore bisogno.
Ma non si può concludere questo excursus senza parlare del Tenente medico Vincenzo Beviglia, cl.1910, che in regime di mobilitazione, alla vigilia della guerra, sulle Alpi venete, aveva partecipato, con grande altruismo, al salvataggio di un alpino caduto in un crepaccio. Contrasse una infezione polmonare che, risvegliatasi durante l'instancabile e pericolosa missione di medico svolta nel 1943-44 sulla linea del Sangro, nella terra di nessuno, a favore di quelle popolazioni oppresse, gli risultò poi fatale.
E' doveroso, infine, accennare al Sottotenente Felice D'Arcangelo, cl.1922, che, in servizio sul confine lombardo all'atto dell'armistizio, per sfuggire alla cattura dei tedeschi si rifugiò in Svizzera restandovi internato fino a giugno del 1945.
Nel dopoguerra, di anno in anno, aumentò l'arruolamento delle giovani leve negli Alpini e il loro entusiasmo coinvolse i "Veci" nel progetto di fondazione del Gruppo Alpini di Borrello. Il Ten. D'Arcangelo ricevette l'incarico e in occasione della 4^Adunata Interregionale di Teramo, del settembre 1959, vennero definite le linee di programma e la data della manifestazione che venne fissata per l'inizio dell'anno nuovo. Molti degli oltre 60 tesserati si misero all'opera per i preparativi necessari. I primi soci furono i Cavalieri di Vittorio Veneto, tra i quali Raffaele Di Benedetto venne eletto Presidente e, ad honorem, il Capitano Annibale Beviglia medico a Gorizia, sua amata seconda patria, dove volle fermarsi nel 1918 alla fine della Guerra.. Insieme all'appassionato messaggio augurale inviò in dono un bellissimo dipinto ad olio, che aveva ricevuto in guerra da un suo alpino, raffigurante un conducente col mulo dall'espressione segnata dallo sforzo e dalla serena rassegnazione. Amava conoscere ed invitare nella sua casa tutti i soldati borrellani in servizio in Città e nei dintorni, ma aveva avuto una speciale predilezione per i giovani della Julia che nell'estate del 1942 effettuavano ivi i preparativi della partenza per la Russia, forse presagendo il drammatico destino a cui andavano incontro.
Il 21 febbraio 1960, la domenica fissata per celebrare il grande avvenimento, fu una giornata freddissima, ma piena di sole che si scaldò via via che arrivavano, in gran numero, le penne nere accolte dalle note festose della Fanfara di Atessa. La manifestazione ebbe uno straordinario effetto su quelli che non sapevano di cosa fossero capaci gli Alpini, e, soprattutto, sui bambini. La messa, la Preghiera dell'Alpino, la benedizione del Gagliardetto e le toccanti parole di don Antonio Orlando in una chiesa strapiena; la sfilata tra due ali di folla in delirio; l'onore ai Caduti; il discorso celebrativo affidato alla vibrante parola di Felice D'Arcangelo. Egli accomunò il glorioso sacrificio di "Quelli che erano andati avanti" e dei Dispersi alle fatiche strenue ed angosciose dei Reduci, elogiando anche la vitalità e la fierezza dei giovani Alpini, ai quali augurò che il loro contributo alla Patria fosse per il mantenimento della pace e mai più per la guerra. La festa proseguì, riuscitissima, nel rispetto della tradizione alpina. Fu sicuramente, per tutti, un avvenimentro da non dimenticare.
Erano quelli gli anni dell'emigrazione per l'estero e per le regioni che richiedevano il lavoro della nostra Gente, ciononostante il Gruppo restò unito partecipando alle direttive ed ai programmi stabiliti dalla Sezione Abruzzi. Alla fine del 1966 un grave ed inaspettato lutto lo colpì privandolo di uno degli uomini più rappresentativi: il Tenente D'Arcangelo, maestro diligente e padre esemplare, che lasciò un grande vuoto e gli animi sconvolti. Un alpino classico, dalla forte simpatia, dalla voce possente che nelle Adunate guidava con fierezza il Gruppo di Borrello imponendolo all'ammirazione di tutti gli altri. Il parroco nell'omelia aveva sottolineato l'altruismo che l'infermo dimostrava nel corso delle sue visite di conforto, quando anteponeva alle proprie sofferenze quelle inaudite degli alpini in guerra. Proprio la sua grande umanità volevano ricordare gli alpini, accorsi numerosi alle esequie, mentre si scambiavano di spalla in spalla il Feretro lungo il tragitto, dalla chiesa di S. Pietro al Cimitero di Lanciano, al cospetto di una folla commossa.
Dopo Raffaele Di Benedetto si avvicendarono alla guida del Gruppo: dal '70 al '75 Enrico D'Orfeo, dal '75 al '90 Felice Palmieri, dal 1990 il Sottotenente medico Antonio Festa finché, assurto alla prestigiosa carica di Presidente della Sezione Abruzzi, nel 1998 passò la mano all'attuale Capogruppo Fulvio Palmieri. Festa ha avuto il merito dell'acquisizione e del recupero della "Casa del bosco", un posto ideale per le riunioni e per trascorrervi qualche ora distensiva.
In un piccolo centro come Borrello, dove la popolazione è in continuo calo, il compito del responsabile è molto arduo per tenere in vita un'associazione di uomini. Occorre una ferma volontà, anche se la fratellanza e lo spirito di corpo sono tradizionalmente le doti che contraddistinguono gli Alpini. Il voto augurale di tutti è che in questo segno possano sopravvivere i Gruppi locali, e la Sezione Abruzzi, al tentativo di scioglimento dei Reparti Alpini.
Riccardo D'Auro
|