QUATTRO NOVEMBRE 2020


di Riccardo D'Auro



A causa della recrudescenza della orribile Covid-19 quest’anno la celebrazione della Vittoria sull’Impero Austro-Ungarico è stata limitata alla deposizione delle corone davanti ai quattro Monumenti cittadini. Il primo dei quali, artisticamente il più importante, ubicato all’ingresso del Palazzo Comunale, è dedicato agli undici Caduti della Guerra 1915-1918. Il secondo, sito in piazza IX Novembre 1943, ricorda il giorno funesto della distruzione del paese e le quarantotto Vittime della Seconda Guerra Mondiale, di cui ventisei della “Guerra in casa” e ventidue Caduti sui vari fronti. Un grosso tributo pagato per una guerra ingiusta! La terza opera, la più semplice ma alquanto espressiva, è un blocco di pietra squadrato troncato in cima da cui fuoriescono due canne di acciaio, simboli delle armi, con alla base una targa bronzea rievocativa. E’collocata nel Parco della Rimembranza, sorto sui ruderi del paese antico, sull’area della prima casa che saltò in aria. Ultimo è il Monumento all’Alpino costruito dal Gruppo locale alle porte del paese: “un’aquila possente che atterra sulla roccia con il cappello alpino tenuto saldamente tra le zampe” . L’aquila in ferro battuto, realizzata da un socio con l’aiuto dei figli, è un’autentica opera d’arte, soprattutto le cento penne che formano le ali.
L’insieme di queste costruzioni, che costituisce un notevole patrimonio culturale, è dovuto al culto della memoria tenuto sempre vivo dalla popolazione di Borrello, presente ed emigrata, e dagli Amministratori comunali di tutti i tempi. Costruzioni che con gli scritti elaborati da numerosi cittadini rappresentano la storia della comunità, la cui conoscenza è fondamentale per il futuro della stessa.
Torniamo ora al tema dello scritto, ovvero alla celebrazione del Centenario della fine vittoriosa della Guerra Mondiale di cui ero stato incaricato della commemorazione in rappresentanza del Gruppo Alpini. Data la vicinanza della ricorrenza del 75° Anniversario della Distruzione del paese, mi sembrò doveroso illustrare anche l’evento più importante della sua storia. La rimembranza di quei fatti dolorosi è stata quasi sempre una missione molto sentita dai pochi sopravvissuti timorosi che potesse svanire il ricordo della grave tragedia.
L’occasione mi sembrò opportuna per chiedere ufficialmente al Comune di ritenere degna di imperituro ricordo la giornata del 9 Novembre 1943, unificando la sua celebrazione con quella vicina del 4 Novembre 1918. L’unione potrebbe dare luogo alla istituzione della “GIORNATA DELLA MEMORIA” per ricordare il martirio sopportato dalla popolazione per la perdita dei propri beni e per i lunghi tempi della rinascita. Oltremodo difficili e pieni di delusioni.
Ma questa richiesta, compresa nella parte finale del discorso, la pronunciai sotto un forte acquazzone che provocò la fuga generale dell’uditorio. Il discorso, inoltre, non venne pubblicato per la temporanea assenza di Borrellosite e la proposta non ebbe seguito. Pertanto ritengo che questa sia l’occasione buona per riproporla annettendo allo scritto la copia del citato discorso.


Pescara, 11 Novembre 2020




QUATTRO NOVEMBRE 2018


di Riccardo D'Auro


Siamo qui riuniti come ogni anno per celebrare, nel ricordo dei nostri valorosi Combattenti, la fine vittoriosa della Guerra Mondiale contro l’Impero Austro-Ungarico avvenuta il 4 Novembre 1918. Ricorrenza, quindi, del Centenario del conflitto, passato da noi anche come “Quarta Guerra d’Indipendenza Italiana”, che durò tre anni e mezzo e si concluse con l’immane sacrificio, di parte italiana, di 695.000 Caduti e 451.640 mutilati ed invalidi permanenti.
Gli strateghi del Regio esercito, invece, sottovalutando la forza del nemico, l’avevano giudicata di breve durata e senza rendersi conto che dal 1866 l’esercito austriaco aveva costruito lungo il confine considerevoli opere di difesa. Forti muniti di cannoni a lunga gittata, sbarramenti, trincee e reticolati, preparativi idonei per sostenere una guerra di posizione contro cui cozzarono i nostri valorosi soldati.
Nel mio libricino, “Centenario della Guerra Mondiale 1915-1918 Omaggio ai Combattenti di Borrello” , pubblicato nel 2015 per la ricorrenza del Centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, col patrocinio del Comune e dell’Associazione Culturale La Fonte, ho cercato di mettere in luce la durezza della vita di trincea e soprattutto l’orrore degli assalti sotto il fuoco delle mitragliatrici. Uno scempio immane di vite umane, una guerra infinita che ebbe un riflesso negativo sulla nostra popolazione. Non posso ora, però, fare a meno di soffermarmi sul punto più importante del conflitto, lo sfondamento della nostra linea di difesa sull’Isonzo, avvenuto il 27 ottobre del 1917 con il dilagare del nemico nella conca di Caporetto, che in pochi giorni invase buona parte della Venezia Giulia e del Friuli. Una rotta che causò in pochi giorni lo spostamento di 1.000.000 di uomini e di 600.000 profughi, sulla nuova linea difensiva del Piave.
Il bollettino del Comando Generale del 29 ottobre attribuiva la responsabilità della rotta al cedimento della II Armata del Gen Capello addossando la colpa del disastro alla vigliaccheria dei combattenti “succubi della propaganda della sinistra e dei pacifisti”. Una ignobile menzogna perché la immediata concessione di aiuti da parte degli Alleati fu condizionata al cambiamento del Comandante dell’Esercito Gen Cadorna, con il Generale Armando Diaz. Il panico, il disfattismo, il disordine e le contestazioni, soprattutto da parte delle sinistre, scatenati dalla violenta offensiva nemica, si placarono con il proclama del Re che incitò alla riscossa. L’esercito, rinfrancato dal cambiamento al vertice e dall’arrivo al fronte dei “Ragazzi del ‘99”, riprese fiducia nelle proprie forze e iniziò il contrattacco decisivo per l’ottenimento della vittoria.
La battaglia che decise la fine delle operazioni sul nostro fronte fu combattuta nei dintorni di Vittorio Veneto tra il 24 ottobre ed il 4 novembre 1918. Vi parteciparono 51 divisioni italiane, 3 britanniche, 2 francesi, 1 cecoslovacca ed un reggimento statunitense, contro 73 divisioni nemiche.
Rendiamo onore agli Undici Caduti i cui nomi sono incisi nel bronzo di questa prestigiosa Lapide Monumentale e ai 70 Reduci, di cui è stato possibile conoscere l’identità, elencati alla fine del suddetto libretto.

Come è noto quest’anno ricorre anche il 75° anniversario della distruzione di Borrello eseguita dai tedeschi tra il 9 ed il 26 Novembre 1943. Un avvenimento che è da considerare in assoluto come il più importante della storia millenaria del paese. Subirono la stessa sorte altri 11 Comuni del territorio abruzzese-molisano della sponda destra del Sangro che si estende da Monteferrante ad Alfedena: oltre 20000 abitanti e centinaia di vittime che rimasero senza la casa e i propri beni alle soglie dell’inverno. Contemporaneamente all’esecuzione della terra bruciata i tedeschi sostennero violenti combattimenti che impedirono all’8^ Armata Britannica di conquistare l’altro versante della valle. Il territorio tra il Sangro e l’Aventino doveva costituire una linea di difesa antistante quella più importante compresa nel piano predisposto dal Quartiere Generale di Hitler per arrestare la marcia degli Alleati: la Linea Gustav. Studiata in loco dal Maresciallo Kesselring, da Ortona doveva raggiungere le alture di Cassino ed il Tirreno attraverso il massiccio della Maiella, i monti del Parco e delle Mainarde. Un secondo sistema difensivo, la Linea Gotica, previsto sull’Appennino tosco-emiliano, bloccò per tutto l’inverno 1944-45 l’avanzata alleata.
I precitati durissimi scontri avvenuti sulla nostra sponda, sostenuti da due reggimenti del Corpo d’Armata Canadese contro tre, ma di organico ridotto, della 1^ Divisione Paracadutisti tedesca, risultarono di grande importanza nel contesto della guerra in Abruzzo. Cessate le ostilità i contendenti, trasferiti sull’Adriatico, continuarono a lottare ad Ortona che cadde a Natale, ma il sistema difensivo predetto non permise agli Alleati di andare oltre e la guerra in Abruzzo riprese a primavera inoltrata con la caduta di Cassino. Durante l’inverno si verificarono soltanto due tentativi, fatti da modesti reparti alleati appoggiati da Patrioti della neonata Banda Maiella, per snidare i tedeschi che da Pizzoferrato si erano spostati a Gamberale diventato il caposaldo difensivo del tratto di valle che da Quadri risale il corso del Sangro. Nel versante destro della valle liberato, il territorio dei dodici comuni distrutti rimase abbandonato nella terra di nessuno.
Al rientro dalla macchia la popolazione di Borrello ebbe appena il tempo di contare i suoi morti: i primi 4 orribilmente straziati dal crollo delle loro case fatte saltare con loro dentro e gli altri a causa dei colpi di fucile, dei cannoneggiamenti, di un erroneo bombardamento aereo, delle mine e degli stenti. Un tragico bilancio che si concluse con la perdita di 26 cittadini.
Sin dal primo giorno del rientro, dicevo, la popolazione iniziò la lotta per potere sopravvivere scavando con accanimento tra i ruderi alla ricerca di viveri e per approntare un ricovero di fortuna. Altri più fortunati cominciarono ad eseguire i lavori di pronto intervento dando vita, con grandi sacrifici, al freddo e a pancia vuota, alla defatigante opera della RICOSTRUZIONE che si protrasse per lunghi anni. E quando nell’autunno del 1944 il Governo emanò il primo provvedimento per la riparazione dei fabbricati lievemente danneggiati già erano in corso i lavori di riparazione di quelli che avevano subito danni gravi. Seguirono atri due decreti di concessione di un inadeguato contributo dello Stato. Nel corso del 1948, con la conclusione ufficiale del periodo dell’emergenza, numerosi fabbricati, sebbene al rustico, erano stati riparati. Poterono tornare a garrire nel nostro cielo le rondini. Si disse che era stata compiuta un’impresa straordinaria, un miracolo, mentre negli altri paesi del gruppo la maggior parte della popolazione era ancora nei luoghi dello sfollamento.
La legge che regolamentò la ricostruzione dei fabbricati distrutti, emanata nel 1949, deluse coloro che speravano contemplasse un’integrazione della spesa dei lavori già eseguiti. Rimase in vigore per mezzo secolo senza che l’importo del contributo, come sempre inferiore alla spesa sostenuta, subisse aumenti. Tuttavia l’opera dei sinistrati continuò con maggiore impegno per molto tempo anche se l’aiuto dello Stato si rivelò soltanto un incentivo, una spinta a ricostruire e non il risarcimento del bene perduto.
Un’altra delusione subita dai sinistrati di Borrello fu il mancato riconoscimento morale delle istituzione per la straordinaria impresa compiuta. Parole di solidarietà e di incoraggiamento per la rinascita furono espresse alle popolazioni sinistrate della valle, nel novembre del 1945, dal Presidente del Consiglio On. Ferruccio Parri tra le macerie di Quadri. Parole di un uomo di azione, prestato alla politica, che suscitarono un sollievo benefico negli animi depressi ed un incitamento a ricostruire con forte impegno.
Passarono dei decenni e quando nei primi anni del 2000 alcuni comuni, che erano stati appena sfiorati dalla guerra, furono insigniti di medaglie ed onorificenze varie, manifestai il mio sdegno su un quotidiano abruzzese e protestai con gli amministratori che non si erano adoperati in tal senso. La particolarità suscitò anche il risentimento degli altri cultori della storia locale - Pietro Di Luca ed io avevano da anni pubblicato i nostri libri - e tutti insieme organizzammo, in occasione del 60°Anniversario degli eventi, l’importante Dibattito Culturale che riuscì a scuotere finalmente l’interesse dell’Amministrazione comunale e delle altre Istituzioni, anche per le iniziative successive intese a tenere vivo il ricordo degli straordinari eventi.
Siccome si ha notizia che vengono ancora concessi i predetti titoli di benemerenza, non è il caso che il Comune di Borrello, avendone pieno diritto, avanzi richiesta in occasione di questa ricorrenza del 75° Anniversario? Per i pochi sopravvissuti agli avvenimenti che segnarono duramente la loro giovane esistenza, tale concessione sarebbe un riconoscimento dei sacrifici e delle sofferenze subiti per molti anni. Il titolo onorerebbe, in primo luogo, la memoria delle Vittime e di tutti quelli che vissero la distruzione e la rinascita del paese dovuta alla volontà e all’attaccamento della sua gente alle proprie radici.
Da qualche tempo alla celebrazione annuale della fine vittoriosa della prima Guerra Mondiale è stato associato il ricordo della Distruzione del Paese, l’avvenimento principale della sua storia causato dalla seconda Guerra Mondiale incredibilmente abbattutasi sul nostro territorio. Per fare sì che anche il suo ricordo sia imperituro, data la vicinanza delle due ricorrenze, sarebbe il caso di rendere ufficiale la loro unione. Un abbinamento opportuno soprattutto per sensibilizzare i giovani alla conoscenza della storia del proprio paese; una conoscenza che è abbastanza limitata per la soppressione dell’asilo infantile e della scuola, ma pure per colpa dei familiari. Eppure Borrello ha eretto due monumenti che ricordano gli orrori della Seconda Guerra Mondiale: il primo nel paese antico cancellato dalla faccia della terra, sorto sull’area della prima casa che saltò in aria; il secondo nella piazza che, sebbene dedicata alla fatidica data, è l’espressione della rinascita del paese. Ricordano le 26 Vittime della “guerra in casa” e i 22 Caduti in quelle combattute sui vari fronti. In tutto 48 Vite umane strappate ad un Comune di 1200 anime dalla vanagloria del Fascismo.
Il compito di tenere vivo il ricordo della Distruzione e della Rinascita del Paese, una missione finora assolta dai cultori della storia locale sopravvissuti agli eventi, deve ora, data la loro età, passare alle due Associazioni Culturali ed al Gruppo Alpini.
Inoltre, concludo con la speranza che il Comune di Borrello accolga la proposta di una celebrazione ufficiale unica dei due eventi storici del 4 NOVEMBRE 1918 e del 9 NOVEMBRE 1943 con l’istituzione della “GIORNATA DELLA MEMORIA ”.

Borrello, 4 Novembre 2018


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